Un medico in ogni scuola: Marcello Cantoni, medico scolastico del Comune di Milano
di Ruggero Pedroletti
Negli anni del secondo dopoguerra le condizioni materiali della popolazione di età scolare a Milano erano quanto mai precarie. Le distruzioni, gli sfollamenti e la povertà diffusa avevano un riflesso immediato nello stato di salute di bambini e adolescenti, e le loro condizioni non li abbandonavano una volta varcate le porte degli istituti scolastici. La scuola divenne quindi un punto di osservazione privilegiato per l’Ufficio di Igiene e sanità del Comune di Milano, che già alla fine degli anni ’40 poteva contare sul lavoro di medici scolastici e di personale qualificato nel campo igienico sanitario. L’attenzione del Comune verso le condizioni di alunni e scolari era un fatto raro nell’Italia del dopoguerra, e tale sarebbe rimasto fino alla fine degli anni ’60. Risale al 1961 infatti l’introduzione di una legislazione nazionale in merito (DPR dell’11 febbraio 1961, Titolo III), che prevedeva la creazione di figure preposte alla vigilanza e alla tutela della salute della popolazione scolastica da parte degli Uffici di igiene e sanità, ma un regolamento attuativo fu approvato solo nel 1967.
All’inizio degli anni ’60, mentre l’iniziativa in questo campo era lasciata totalmente ai Comuni, le scuole milanesi potevano contare già su centotrenta medici scolastici, a cui sovrintendevano un medico capo e un medico ispettore dell’Ufficio di sanità e igiene. Faceva parte della divisione anche un nutrito gruppo di tecnici, spesso donne, come assistenti sociali, psicotecniche, chinesiterapiste, cardiometriste e assistenti sanitarie visitatrici. Ogni scuola disponeva di un appartamento sanitario e molte disponevano di una sala per nebulizzazioni e per raggi ultravioletti.
Fra i medici scolastici in servizio presso il Comune di Milano si distingueva, per visione e capacità di iniziativa, il dottor Marcello Cantoni.
Figura centrale per approfondire il tema del rapporto tra scuola e sanità in Italia nel Novecento, Marcello Cantoni esercitò per cinquant’anni la sua professione di pediatra e igienista con senso civico e con una forte dedizione alla comunità israelitica di Milano, di cui faceva parte e di cui fu presidente fra il 1976 e il 1982. Il fondo Marcello Cantoni, conservato nell’archivio della Fondazione ISEC, permette di ripercorrere tutto l’arco della sua esperienza umana e professionale, dalla fine della guerra ai primi anni ‘90. Dopo la laurea all’Università di Padova, negli anni di guerra Cantoni prese servizio all’ambulatorio ebraico di via Panfilo Castaldi, a Milano, fondato da Gino Emanuele Neppi. Nel settembre 1944 si unì alla brigata Garibaldi “Poletti”, ma presto venne catturato; riconosciuto come ebreo, fuggì fortunosamente alla deportazione e si rifugiò in Svizzera. Con la fine della guerra Cantoni tornò a Milano, dove si specializzò in pediatria, continuando ad offrire i suoi servizi di medico sia alla sua comunità ebraica sia alla cittadinanza, come medico scolastico per il Comune di Milano (vedi il profilo biografico di Marcello Cantoni su CDEC digital library).
Nel 1949-50, anni in cui molti vivevano ancora nelle baracche degli sfollati e la città era in buona parte ancora da ricostruire, Cantoni prestava servizio nei quartieri della periferia ovest di Milano: piazzale Selinunte, Trenno, Lampugnano, Figino e Quinto Romano. Nel suo archivio sono conservati gli appunti a mano relativi alle ispezioni. In una serie di fogli protocollo risalenti agli inizi degli anni ’50 sono registrate le malattie e le disabilità presenti nella popolazione scolastica da lui esaminata; sono censite la tbc polmonare e ossea, la bronchite asmatica, cardiopatie, malattie della pelle, malattie degli occhi, endocrinopatie, malattie infettive, lesioni varie, disturbi psichici e problemi di deambulazione. Inoltre una serie di appunti a mano fotografano la situazione delle classi in cui era stata condotta l’indagine, con un’attenzione anche ai componenti del nucleo familiare. Prendiamo per esempio l’indagine relativa alle classi prime nella scuola elementare di Baggio, in cui emerge il gran numero dei familiari deceduti per malattia, in particolare dei fratelli dei piccoli scolari: due neonati deceduti “per immaturità”, diciotto ragazzi morti per gastroenterite, sei per meningite, due di tifo, quattro di polmonite, due in seguito a trauma durante il parto. Colpisce anche l’esame del rapporto fra l’ampiezza del nucleo familiare e il numero dei vani abitativi: a quanto risulta dagli appunti di Cantoni, su 58 bambini 34 vivevano in famiglie composte da cinque fino a dieci membri costretti in uno, due o al massimo tre vani. Il quadro che emerge, inutile dirlo, è quello di una situazione di diffusa precarietà economica, sociale e sanitaria.
È quindi forse dall’esperienza sul campo che Cantoni trasse la consapevolezza di una necessaria opera di sensibilizzazione verso la prevenzione igienico-sanitaria nelle scuole, dando vita alla SIMIS, Società italiana di medicina e igiene della scuola, e nel 1954, alla Rivista italiana di medicina e igiene della scuola (RIMIS). Nei primi anni dalla sua nascita, la SIMIS si pose come primo obiettivo la nascita di una legislazione nazionale in materia, cosa che come abbiamo visto ottenne nel 1961, a cui Cantoni contribuì come consulente nella redazione del regolamento attuativo del 1967.
In quegli anni la medicina scolastica era una branca nuova che “[traeva] alimento da tre discipline fondamentali: la pediatria, l’igiene, la psicologia, avendo per meta il miglior stato di salute del fanciullo e dell’adolescente nel suo complesso psicofisico”. Così sintetizzava lo stesso Cantoni nella relazione alla Commissione del Comune di Milano sull’edilizia scolastica istituita nel 1963. Nella relazione appare in tutta la sua evidenza il rapporto critico fra benessere psicofisico dello scolaro e salubrità dell’ambiente. Certo, a Milano non mancava l’esempio positivo della scuola all’aperto del Trotter, ma è anche vero che le particolari condizioni ambientali della città industriale, incassata nella pianura Padana, dove l’aria inquinata staziona e crea nebbie innaturali, sono un aspetto critico che travalica i limiti di una politica di edilizia scolastica, per quanto coraggiosa. È quindi legittimo pensare che, quando negli anni ’80 si costituì a Milano un Comitato per la chiusura al traffico del centro di Milano, sostenuto da personalità illustri e dallo stesso sindaco Tognoli, Cantoni vi aderì non tanto per romanticismo ma perché ispirato da una visione concreta della direzione in cui doveva muoversi la città.
Mentre manteneva costante il suo impegno al servizio delle scuole milanesi, Cantoni era impegnato nella creazione di network internazionali di medici riuniti in associazioni come la Società internazionale di Medicina e Igiene della Scuola (1957) o l’Unione internazionale di medicina e igiene scolastica (1959), oltre ai numerosi convegni a est e a ovest di Berlino. Un attivismo internazionale che si spiega anche con la volontà di accorciare il ritardo strutturale del paese nel campo dell’igiene pubblica, che sarebbe durato ancora diversi anni. All’indomani della grave epidemia di colera che nel 1973 colpì Campania, Puglia e Sardegna, il 6 settembre Cantoni scriveva al direttore de Il Giorno: «Noi siamo una delle nazioni occidentali più arretrate in tema di conoscenze [sanitarie] fra la popolazione, abbiamo 11000 casi di tifo all’anno, un indice di mortalità infantile che ci fa arrossire, un grado di sporcizia in talune zone pari al Medio Oriente».
Ecco che la figura del medico scolastico, sosteneva Cantoni, doveva abbandonare il ruolo di semplice “controllore”, per diventare una figura educativa all’interno della scuola, con corsi in ogni scuola di ordine e grado dedicati all’educazione sanitaria. Un’innovazione mai recepita dal sistema scolastico, in anni in cui la necessità di mantenere presìdi nella scuola e di ricercare il dialogo con gli studenti si faceva sempre più pressante: a metà anni ’70 si affacciava ormai con insistenza il problema della droga. Esemplare il corso di aggiornamento per i medici scolastici, organizzato nel 1975 dalla SIMIS insieme all’Ufficio di Igiene di Milano, sul tema delle tossicodipendenze, per aiutare il personale scolastico a riconoscere i sintomi con preavviso e evitare quanto possibile che i soggetti tossicodipendenti abbandonassero la scuola.
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