Pensare con le mani.
Il disegno tecnico tra progetto e mestiere
Di Primo Ferrari
«Il disegno costituisce per il meccanico un mezzo mediante il quale può rappresentare con chiarezza, acutezza e rigore i suoi pensieri e le sue riflessioni, in modo da non lasciare niente da desiderare. Una macchina disegnata è come una realizzazione ideale della stessa, ma fatta con un materiale di minor costo e più facile trattamento del ferro o dell’acciaio». Ferdinand Rodtenbacher, professore di costruzione delle macchine presso il Politecnico di Karlsruhe, sintetizzava così nel 1842 il significato del disegno di tipo tecnico, in particolare meccanico. In Lombardia l’industria moderna era una realtà ancora seminale, tuttavia in quegli stessi anni a Pavia, nel corso triennale per ingegneri e architetti, Giovanni Codazza insegnava geometria descrittiva e a partire dal 1850 scienza delle costruzioni di macchine mentre Giuseppe Colombo, ancor prima di laurearsi, era assistente alla cattedra di disegno e geometria delle macchine e di geometria descrittiva. In altre parole il disegno tecnico era già allora una componente essenziale per la professione dell’ingegnere e per coloro che si occupavano di progettare e costruire componenti meccaniche e macchinari. Il disegno era un linguaggio che oltre che alla costruzione serviva alla conservazione della memoria dell’anima delle macchine, le parti interne, nascoste alla vista dal rivestimento esterno. Per questo ingegneri, “macchinisti”, periti industriali, operai di mestiere, oggi diremmo qualificati, chi più chi meno dovevano padroneggiare l’arte del disegno tecnico.
I primi decenni del XIX secolo vedono contemporaneamente allo sviluppo dell’industria quello, ad esso correlato, dell’istruzione tecnica. La legge Casati del 1859 prevede l’istituzione di scuole tecniche in cui si insegnino oltre alle altre materie il disegno. In Italia a partire dagli anni Trenta erano sorte scuole professionali per l’istruzione degli operai, a Napoli, Torino, Milano e in altre città. Il successo di queste scuole è notevole. Nei primi cinquant’anni del Regno d’Italia a fronte di un aumento del tasso generale di scolarizzazione di circa quattro volte, gli iscritti a scuole ed istituti tecnici aumentano di quasi sette volte. Anche l’istruzione tecnica superiore viene creata negli anni immediatamente successivi all’Unità: nel 1859 viene fondata a Torino la Regia scuola di applicazione per ingegneri. Tre anni più tardi a Milano nasce il Regio istituto tecnico superiore, presto noto semplicemente come Politecnico, mentre a loro volta molte grandi imprese daranno vita a scuole aziendali all’interno delle quali uno degli insegnamenti qualificanti era il disegno tecnico.
Da quando, all’inizio degli anni Settanta del Novecento, nell’industria si sono diffusi i sistemi CAD è scomparsa la professione del disegnatore tecnico, un tempo una delle componenti a più alta qualificazione nella gerarchia della fabbrica. Oggi di tutto questo ci restano un numero strabordante di disegni su lucido e altri supporti che ci permettono di ricostruire con precisione il prendere forma di un progetto fino ad arrivare al risultato finale, sia esso un prodotto o una macchina. Sono documenti fondamentali per capire un aspetto tutt’altro che secondario dello sviluppo industriale negli ultimi due secoli. Di grande interesse oggi sono le indicazioni che corredano molti fogli, dai quali si ricava la data in cui è stato realizzato il disegno, il committente, la tipologia del prodotto e i numerosi dettagli progettuali destinati a comporre il disegno finale.
La Fondazione ISEC è uno dei più importati centri di raccolta e valorizzazione della memoria dell’industria e del lavoro. Non stupisce quindi che in essa si conservino esempi straordinari di disegni tecnici. Un patrimonio di grande interesse che è parte integrante di una storia che voglia raccontare in tutte le sue componenti l’epopea del lavoro e dei mestieri che nella fabbrica avevano spazio. Gli archivi della Breda di Sesto San Giovanni e della Riva Calzoni di Milano conservano oltre 50.000 disegni complessivi, di gruppi e di particolari di prodotti (treni, aerei, armi, tram, navi, camion, trattori, pompe e turbine idrauliche), ma anche di importanti centrali idroelettriche, realizzati in china su carta da lucido e a matita su carta, con le informazioni relative al disegno riportate nel cartiglio: il numero del disegno e l’eventuale tavola, il titolo, il numero della commessa o del progetto, la scala, la data di esecuzione, talvolta la vista rappresentata, la firma del disegnatore, eventuali altre informazioni e/o note tecniche.
Consapevole dell’importanza di questo patrimonio e consapevole del ritardo accumulato, in questi ultimi anni Fondazione ISEC, grazie a bandi di finanziamento di Regione Lombardia e del Ministero della cultura, Direzione generale archivi, ha avviato una serie di interventi di ordinamento, inventariazione e in parte di digitalizzazione dei disegni tecnici. Lavorare su questo patrimonio ha fatto emergere una serie di problemi che sono comuni a tutte le realtà che conservano questo tipo di materiali, affini ma diversi ai disegni di architettura per i quali negli anni si è accumulato un patrimonio di esperienze e di regole di catalogazione codificate. Per questo nel 2014 insieme all’Associazione Museimpresa di Milano e all’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione di Roma, ISEC ha promosso una serie di incontri per arrivare a definire una scheda di catalogazione per i disegni tecnici conservati negli archivi d’impresa, che si spera possa a breve diventare uno standard di riferimento per la comunità degli archivisti. E sempre nell’intento di fare emergere l’importanza di questo patrimonio, in occasione della XXII Settimana della cultura d’impresa nel 2023, in collaborazione con la Fondazione AEM, Fondazione ISEC ha organizzato una giornata di studio dal titolo “Il disegno tecnico industriale: lavori in corso”, che ha visto la partecipazione dell’ICCD, dell’Università di Pavia, del Politecnico di Milano, del Museo della scienza e della tecnologia di Milano e di alcune Fondazioni (Pirelli, Dalmine, AEM) e archivi storici d’impresa (SDF-SAME, Olivetti).
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