Le parole della fabbrica

I periodici sindacali

Di Giorgio De Vecchi

All’interno dell’emeroteca della Fondazione ISEC, composta da oltre 4000 testate tra giornali e riviste, esiste una importante collezione di «Periodici» costituita da tre sottosezioni tutte consultabili on-line a cui si arriva entrando nella Biblioteca digitale: i giornali politici, i giornali di zona, i giornali sindacali e di fabbrica. 

I giornali politici sono 91, di cui 44 numeri unici, quasi tutti collocati negli anni Quaranta ad eccezione di un numero unico del 1936, L’Aiuto del Popolo, e di 18 testate pubblicate tra il 1950 e gli anni Ottanta.

I giornali di zona sono 61, tutti periodici, di cui molti numeri unici o singoli, prevalentemente di Milano o dell’area milanese, redatti da sezioni del Partito comunista italiano.

I giornali sindacali e di fabbrica sono quelli di cui ci occupiamo in questo numero di ISECracconta. Il fondo «Periodici sindacali e di fabbrica» consta di 260 testate. Tra quelle di «fabbrica» meritano attenzione, anche virtù del numero delle pubblicazioni conservate, 

Le pubblicazioni «sindacali» disponibili sono più frequenti per il periodo 1950-1990. Prima del 1950 vi sono poche ma importanti e significative testate stampate durante la dittatura fascista e la guerra. 

Per comprendere l’importanza dell’intera raccolta è utile ricordare, per richiamare alla memoria di chi l’ha vissuta e suggerire un’immagine a chi non può averne avuta esperienza, che la fabbrica fu, oltre che un luogo di produzione, il luogo dove l’opposizione clandestina al fascismo ebbe maggiore seguito e continuità, quando nella società si assisteva invece a un certo ma crescente consenso. Essa fu la «montagna» dei partigiani in città, nel senso che, soprattutto la grande fabbrica, offrì uno spazio di movimento della Resistenza, una zona franca controllata dalle maestranze sulla quale né gli organismi fascisti né gli occupanti nazisti riuscirono a operare a loro volta un efficace controllo. 

Anche dopo la guerra la fabbrica fu un luogo nevralgico della vita nazionale: il baricentro della ricostruzione degli anni Cinquanta, delle grandi mobilitazioni per la dignità del lavoro e per i diritti negli anni Sessanta e Settanta, il luogo nel quale la classe operaia tentò una strenua, quanto vana, difesa del diritto al lavoro a fronte delle ristrutturazioni e del decentramento negli anni Ottanta e Novanta.

È impossibile dare una rassegna completa di tanta ricchezza. Operando una scelta del tutto soggettiva propongo alcuni numeri che si collocano in quattro momenti significativi nella storia del sindacalismo e delle lotte operaie.

La lotta al fascismo in fabbrica

Battaglie sindacali, 17 numeri pubblicati tra il 1927 e il 1933.

L’interesse per questo periodico è ben illustrato dal numero del 15 maggio 1927: nel gennaio di quell’anno, la Confederazione Generale del Lavoro nata nel 1906, aveva deciso l’autoscioglimento in seguito alla «legge fascistissima» n. 563 del 3 aprile 1926 che proibiva lo sciopero e istituiva le corporazioni del lavoro come unici sindacati legalmente riconosciuti. Il Partito comunista milanese ricostituì in clandestinità la sua CGdL e Battaglie sindacali ne fu l’organo informativo e «di battaglia». Nell’immagine la prima pagina con l’appello ai lavoratori.

La lotta di resistenza in fabbrica

La scintilla. Anno 1. N. 1. Giornale degli operai dell’Alfa. 15 gennaio 1943

È un foglio dattiloscritto ciclostilato in fronte e retro con il testo impaginato su due colonne. La prima pagina si apre con queste parole: 

«Operai dell'Alfa. Il comitato d’Azione per l’unione del popolo Italiano ha lanciato il 4 novembre scorso un vibrante appello al popolo Italiano per l'unione di tutti, in un possente FRONTE NAZIONALE D'AZIONE per imporre la pace separata immediata, la libertà e la cacciata di Mussolini che ha trascinato l'Italia alla rovina scatenando una guerra ingiusta e insostenibile».

Il contesto in cui si colloca l’appello alla mobilitazione è quello delle fasi della guerra mondiale nelle quali l’Alleanza delle Nazioni Unite sta ribaltando i fronti di guerra: il 4 novembre 1942, il giorno dell’appello citato, le forze italiane e tedesche sono state definitivamente sconfitte ad El-Alamein; il 15 gennaio 1943, giorno dell’uscita del primo numero de La scintilla, è in pieno svolgimento la battaglia di Stalingrado dove, ancora, le forze tedesche e italiane stanno volgendo in una catastrofica ritirata: se ne accenna nel plauso alla «Eroica Armata Rossa all’offensiva», posto in evidenza sul quarto destro in basso del foglio.

Nella seconda pagina si dà notizia di uno sciopero all’Isotta Fraschini e di agitazioni nel reparto Forgia dell’Alfa, entrambi dovuti a problemi sulle retribuzioni. 

Il giornale chiude con questa significativa annotazione:

L’insieme testimonia, oltre alla capacità dell’organizzazione clandestina che si colloca nel contesto della guerra di Resistenza, una notevole attenzione informata degli eventi drammatici della guerra e delle conseguenze sulla popolazione italiana.

Per inciso il nome del foglio «La scintilla» ricalca quello del mensile fondato da Lenin nel 1900 - «ISKRA»: la scintilla che avrebbe dovuto accendere la fiamma della rivoluzione.

Il cantiere. Giornale sindacale dei lavoratori genovesi, 12 aprile 1945 

Merita poi attenzione un altro giornale sindacale il cui numero 1 esce il 12 aprile 1945 nell’imminenza dell’insurrezione della città che, caso unico nella storia della Resistenza, costringe le forze militari tedesche ad arrendersi a quelle partigiane. 

Il giornale dà relazione dei lavori della Ia Conferenza dei Comitati d’agitazione alla quale partecipano «tutte le tendenze politiche: Comunisti, Socialisti,  Sindacalisti, Repubblicani e Democristiani» e si occupa di questioni eminentemente sindacali relative alle condizioni salariali e normative dei lavoratori genovesi e in particolare dei marittimi. Ma, anche qui, la componente politica e di attualità è chiaramente evidenziata: dal titolo della conferenza che invita i «lavoratori genovesi alla lotta per la difesa della loro esistenza», al saluto dei lavoratori in apertura della conferenza stessa «ai Valorosi Eserciti Alleati ed ai Valorosi Patrioti che sui monti e nelle Città lottano con le armi in pugno contro gli invasori tedeschi e i traditori fascisti».

Il momento dell’unità sindacale e delle lotte per i diritti

L’interesse per questo numero nasce da un duplice motivo: 

  • il progetto di unità sindacale che, tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, non solo era all’ordine del giorno e oggetto di attenta riflessione nonché di grande speranza tra i lavoratori, ma stava trovando sperimentazioni avanzate presso i lavoratori metalmeccanici e troverà una seppur temporanea concretizzazione nel patto federativo di Cgil Cisl Uil del 1972. Il «Bollettino unitario di coordinamento» di Fiom-Fim-Uilm della Falck ne è testimonianza;

  • i contenuti delle rivendicazioni salariali che, sulla base degli stimoli innovativi degli anni Sessanta, non si limitavano più prevalentemente alle richieste salariali e normative aziendali ma affrontavano i grandi temi sociali della salute in fabbrica e della sanità fuori dalla fabbrica, dell’ambiente, del diritto allo studio. Nel numero qui proposto, l’oggetto è l’ambiente di lavoro e la prevenzione degli infortuni, ma è in questo contesto che proprio nelle fabbriche di Sesto San Giovanni e Milano e sul territorio nascono fondamentali esperienze sulla medicina del lavoro. 

La lotta per la difesa del lavoro

L’ultima suggestione viene da «la campana». Il nome di giornale è scelto – lo si dice nella presentazione del primo numero dell’aprile 1971 - «quale simbolo di continuità con la forte e salda unità realizzata durante gli scioperi a campana del 1969»: il riferimento è alle modalità di inizio e fine degli scioperi di reparto e a scacchiera scanditi dal suono dei campanacci. Lo scopo è di mantenere viva la sensibilizzazione dei temi del lavoro; ma negli ultimi numeri il nome del giornale suona sinistro per il fatto che i temi salienti riguardano la crisi aziendale, le ristrutturazioni e la riduzione del personale. Fino alla chiusura e il decentramento delle grandi fabbriche. 

Assai significativo il titolo della prima pagina del numero qui riportato: «14 aprile 1983: un giorno importante per le prospettive della Breda Fucine ed il futuro dei lavoratori della fabbrica»; e il sottotitolo: «”Cassa” (da morto) o rilancio produttivo e occupazionale?». La Finanziaria Ernesto Breda entra in liquidazione nel 1994 e la Breda Fucine chiude nel 1996.

I numeri dei giornali di fabbrica disponibili in Fondazione si assottigliano nella seconda metà degli anni Ottanta per annullarsi verso la fine del Millennio: le fabbriche non scandiscono più i ritmi della città.

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