Mario Melino

Mario Melino, un intellettuale tra Molfetta e Milano

Di Dino Barra

Mario Melino nasce nel 1916 ad Anzano degli Irpini, in provincia di Avellino, passato nel 1929 sotto la provincia di Foggia con il nome di Anzano di Puglia. La famiglia, di origine rurale, è benestante, di cultura cattolica e vicina al partito popolare. Il padre, maestro elementare, nel 1927 si stabilisce con la famiglia a Molfetta; la madre, casalinga, alla morte del marito trova un impiego presso l’ufficio postale di questa cittadina. Qui Mario Melino frequenta il liceo classico. Tra i suoi insegnanti ci sono l’italianista Carlo Muscetta e il latinista Tommaso Fiore, ambedue esponenti di punta del pensiero laico azionista e antifascista meridionale.

Tommaso Fiore

Da loro, soprattutto dal secondo, Melino riceverà una formazione culturale e politica decisiva per le sue scelte future. Al termine del liceo ottiene una borsa di studio presso l’Università Cattolica di Milano dove nel 1935 si iscrive alla facoltà di Lettere. Si laurea nel 1940, ma già due anni prima era stato nominato insegnante di italiano e storia presso l’Istituto Magistrale di Varese e poi in altre scuole della zona. Questa esperienza si rivela importante oltre che sotto il profilo professionale, anche sotto quello politico. Qui stringe relazioni con numerosi colleghi antifascisti tra cui, in primo luogo, Ezio Chichiarelli, importante personaggio dell’antifascismo azionista comasco.

Ezio Chichiarelli

Nel corso del periodo universitario si compie la sua definitiva conversione all’antifascismo di stampo azionista già peraltro sollecitata dal rapporto con Tommaso Fiore. Questa scelta di campo lo porta a entrare in contatto con numerosi intellettuali d’area tra cui Tristano Codignola, Guido Calogero, Adolfo Omodeo, Ugo La Malfa e a consolidare i rapporti con Tommaso Fiore e altri antifascisti baresi come Fabrizio Canfora, Michele Cifarelli ed Ernesto De Martino. 

Antifascisti in Puglia

Partecipa alla trasformazione di questo gruppo di intellettuali in un’organizzazione clandestina e vi collabora anche quando, nel luglio del 1941, viene mandato in Puglia come militare. Nell’aprile del 1942 questa rete viene scoperta dalla polizia e Fiore e molti altri finiscono al confino. Melino viene invece trasferito a Chieti dove continua, da militare, il suo impegno antifascista. Dopo l’8 settembre prende la via della montagna, verso la Maiella. Nel febbraio del 1944 riesce a raggiungere Roma dove conosce Riccardo Bauer, azionista, dirigente del movimento partigiano romano, che lo coinvolge nella Resistenza fino alla liberazione della capitale. Con Bauer Melino continua poi il suo impegno nella lotta di Liberazione svolgendo anche compiti di responsabilità nella Direzione nazionale del Partito d’Azione. Sono gli esordi di un sodalizio tra i due che prosegue ben oltre la fine della guerra.

Riccardo Bauer e Mario Melino

Nel giugno del 1945 Melino torna a Milano e Bauer gli propone di collaborare alla ricostruzione della Società Umanitaria, la storica istituzione milanese fondata nel 1893 che ha legato la sua ragion d’essere all’emancipazione delle classi lavoratrici a Milano e in Italia, di cui nel 1946 Bauer è nominato presidente. Melino accetta: nell’Umanitaria si occupa soprattutto di cooperazione, studi sociali, cultura popolare, educazione degli adulti; rilancia l’Unione Italiana Cultura popolare, associazione nazionale di cui diventa presidente, e la Federazione nazionale delle biblioteche popolari; nel 1956 diventa direttore generale della storica istituzione filantropica milanese, carica che manterrà fino al 1975, in strettissima collaborazione con Riccardo Bauer fino al 1969, anno delle dimissioni di quest’ultimo dalla carica di Presidente. Successivamente, continua il suo impegno sociale in molteplici istituzioni assistenziali ed educative cittadine e nazionali. Alla morte di Bauer, nel 1982, diventa uno dei più assidui custodi della sua memoria diventando Presidente della Fondazione a questi dedicata. Importante anche il suo impegno nella Fiap, Federazione Italiana Associazioni Partigiane. Nel 1990 il Comune di Milano gli assegna la benemerenza civica.

L’IMPEGNO CULTURALE 

Nel fondo Melino si ritrova documentazione riguardante tutti i variegati campi di interesse in cui l’intellettuale pugliese fu attivamente coinvolto. Attraverso le carte è possibile approfondire, insieme alla sua attività, anche pezzi importanti dell’azione della Società Umanitaria. Si pensi all’impegno profuso in favore della valorizzazione della cultura popolare. È un tema centrale dell’impegno di Melino (e dell’Umanitaria) che discende dalla convinzione circa l’importanza della cultura e della sua diffusione per i processi emancipativi delle classi allora chiamate subalterne. Da qui altri ambiti di interesse teorico e pratico: la scuola, il dibattito pedagogico, le esperienze di innovazione didattica; una formazione professionale non separata dalla dimensione umanistica; l’educazione permanente e i corsi per gli adulti. Con queste attenzioni e in un periodo in cui si discute a sinistra di culture subalterne e alta cultura, la Società Umanitaria diventa ben presto una delle sedi fondamentali di discussione circa il concetto stesso di cultura e il rapporto tra le sue diverse declinazioni, nonché luogo di sperimentazione di pratiche pedagogiche, a stretto contatto con quanto di meglio andava maturando altrove in questi ambiti: dall’attività del gruppo fiorentino di Scuola e Città agli studi antropologici di Ernesto De Martino, dalle ricerche musicologiche di Gianni Bosio alle esperienze educative di Danilo Dolci. Tra gli esiti più significativi di questo impegno c’è il rilancio della rivista “La Cultura popolare”, di cui Melino è direttore e animatore, e la gestione di Centri di cultura popolare non solo a Milano ma anche in altre regioni d’Italia – dalla Puglia alla Liguria alla Sardegna - che coinvolgono nelle loro attività destinate a un pubblico, per l’appunto, popolare, tantissimi intellettuali espressione della “cultura alta”.

La cultura popolare, 1965

IL RAPPORTO CON LA POLITICA

La fitta corrispondenza epistolare con gli intellettuali citati e con tanti altri, conservata in archivio, testimonia l’ampiezza dei contatti che Melino riesce a stabilire con pezzi importanti della cultura milanese e nazionale mettendoli al servizio delle finalità statutarie della Società Umanitaria. Si tratta, è bene sottolinearlo, di studiosi prevalentemente di area liberal socialista, molti di provenienza azionista, come è peraltro l’area culturale a cui Melino stesso sente di appartenere per formazione giovanile e per esperienza resistenziale. E’ la stessa collocazione culturale della Società Umanitaria che ha nel suo Presidente, Riccardo Bauer, uno dei massimi esponenti di questa corrente. Nulla di strano, a ben vedere: la Società Umanitaria mantiene forte anche nel secondo dopoguerra il legame con la tradizione riformatrice dalla quale proviene confermandosi come una delle principali espressioni dell’egemonia socialista a Milano.

Stanno a dimostrarlo, tra l’altro, le corrispondenze di Melino con i maggiori esponenti del socialismo milanese del secondo dopoguerra, dai sindaci Aniasi e Tonioli a uomini di partito come Craxi e Martelli, che hanno ad oggetto inviti a iniziative culturali, auguri per le varie festività, richieste di intervento a sostegno dell’Umanitaria o viceversa, richieste di questo o quel candidato per un sostegno alla propria campagna elettorale.

Lettera elettorale di Bettino Craxi diretta a Melino, 1985

Pur dichiaratamente socialista, Melino non sarà mai, per sua esplicita ammissione, iscritto al partito considerando questo un modo di difendere la libertà d’azione dell’Umanitaria e la sua personale libertà di pensiero, una libertà costantemente esercitata ma che viene in luce in modo particolare nei durissimi giudizi espressi da Melino sulla classe politica milanese – e quindi anche socialista – nei primissimi anni ’90 del Novecento.

L’impegno politico di Mario Melino è in realtà prioritariamente un impegno culturale, finalizzato a codificare in termini di certosina ricostruzione storica l’importante contributo della tradizione laica – liberale, democratica, socialista – alla vicenda nazionale italiana soprattutto tra fascismo e secondo dopoguerra, in anni come quelli della Guerra Fredda caratterizzati dall’egemonia, nel dibattito pubblico, delle due culture politiche cattolica e comunista. Tra le carte del fondo si ritrovano – numerose – schede biografiche e interviste a esponenti dell’azionismo resistenziale, da Vindice Cavallera a Edoardo Volterra, da Carlo Lodovico Ragghianti a Guido Calogero e molti altri, oltre a numerosi appunti per una storia del Partito d’Azione. Soprattutto, vi si conservano appunti, scritti, lettere riguardanti Riccardo Bauer alla cui figura di partigiano, studioso, uomo di cultura “impegnato”, “costruttore” sociale, Melino dedica la gran parte delle sue energie di ricercatore storico e numerose pubblicazioni e convegni.

Di Mario Melino Fondazione ISEC conserva 128 unità archivistiche e pubblicazioni per circa trenta titoli tra libri, opuscoli, articoli di giornali e riviste. Un patrimonio cospicuo versato nel 2002, all’indomani della morte avvenuta nel 2000.

Di Bauer Melino sembra richiamare soprattutto gli aspetti morali: la coerenza ideale, l’etica del lavoro, la fedeltà ai principi costituzionali e ai valori connettivi della convivenza civile democratica come la partecipazione, l’onestà, il senso del dovere, la dedizione all’interesse pubblico e la convinzione che questo debba sempre prevalere sull’interesse privato. Sono gli stessi aspetti che si rintracciano nelle carte di archivio che riguardano la sua azione di direttore dell’Umanitaria e anche il suo impegno civile fuori dall’Umanitaria (con le sue prese di posizione sui momenti importanti della vita politica milanese come la contestazione studentesca e Tangentopoli); sono gli aspetti che si intravedono anche laddove si parla di argomenti apparentemente tecnici come l’amministrazione economica dell’istituto o la gestione del personale.

IL RAPPORTO CON TOMMASO FIORE E CON LA CULTURA MERIDIONALE 

Un altro punto di riferimento sembra ispirare la personalità pubblica di Mario Melino dentro e fuori l’Umanitaria. Si tratta di Tommaso Fiore, cui abbiamo già fatto cenno, figura eminente, lo ricordiamo, dell’antifascismo e del pensiero liberal socialista pugliese. Con Fiore Melino contrae un debito politico e culturale che si trasforma ben presto in un intenso rapporto di amicizia con il maestro e la sua famiglia (in particolare, il figlio Vittore) nutrito di scambi epistolari, collaborazioni culturali, viaggi tra Bari e Milano.

Anche alla figura di Tommaso Fiore Melino dedica ricerche, articoli e un libro - Carissimo Mario. 14 lettere di Tommaso Fiore (1966) - conservato in Fondazione ISEC insieme agli appunti che ne accompagnarono la pubblicazione. Non cessa nel corso del tempo neanche il rapporto con l’ambiente culturale barese che Melino aveva frequentato negli anni del fascismo e della guerra e di cui fanno fede, anche qui, gli scambi epistolari conservati in archivio. 

"Carissimo Mario. 14 lettere di Tommaso Fiore", Milano 1966

Nonostante la lunga e per molti aspetti totalizzante esperienza milanese, il rapporto con la Puglia rimane forte e duraturo. Non solo con la cultura accademica di derivazione azionista e liberal socialista a cui Melino offre spesso una sponda organizzativa per le escursioni milanesi dei suoi esponenti, ma anche con l’humus di cultura popolare nel quale è cresciuto, che restituisce, con una forse eccessiva minuzia, soprattutto in alcuni scritti autobiografici dell’ultimo periodo. A questa cultura popolare Melino dedica un’attenzione sollecitata anche dalla sua attività professionale: in Puglia funzionano numerosi Centri Servizi Culturali della Società Umanitaria e Melino ne monitora costantemente l’attività raccomandando l’incontro tra il mondo culturale popolare di quei luoghi e quello degli intellettuali di professione.

UNA FIGURA TRA DUE MONDI 

In questa pluralità di esperienze e di appartenenze culturali risiede forse l’aspetto di maggiore interesse storiografico della documentazione riguardante la figura di Mario Melino, almeno a parere di chi scrive. E’ una documentazione che permette di approfondire aspetti non trascurabili della storia degli intellettuali nel secolo scorso. In primo luogo, le caratteristiche e le modalità di formazione di un ceto intellettuale di grande rigore e straordinaria vivacità come quello che opera tra la fine dell’Ottocento e i primi sessant’anni del Novecento tra l’Irpinia e la costa adriatica della Puglia: una delle periferie dello stato nazionale ma non una periferia culturale, nella quale si muovono personaggi del calibro di Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Guido Dorso, Benedetto Croce (nel suo rapporto con la casa editrice Laterza) e poi Tommaso Fiore, Carlo Muscetta e molti altri. Mario Melino proviene da questo ambiente intellettuale ed è proprio la sua vicenda biografica a consentircene una migliore comprensione.  

La figura professionale e pubblica di Melino ha a che fare anche con un’altra questione storiografica, quella che riguarda la comprensione delle caratteristiche e dei meccanismi con cui hanno funzionato le relazioni tra centri e periferie della cultura italiana nel corso del Novecento. Nel caso specifico parliamo di Milano e del rapporto con la Puglia, ma potrebbe essere la provincia grossetana di Bianciardi oppure la periferia lucana di Leonardo Sinisgalli (fermo restando le grandi differenze tra i casi citati).  Cosa, attraverso i suoi intellettuali che partono, la provincia introduce nel tessuto della cultura urbana presso cui approda? Come questa ne viene modificata? Di quali temi, sguardi, sensibilità si arricchisce? E viceversa: che cosa della cultura urbana, proprio attraverso questo tipo di intellettuali si riversa nelle periferie? Come queste vengono modificate nel rapporto con i centri della cultura nazionale di cui questi “intellettuali – ponte” si fanno spesso artefici? Domande importanti, credo, che hanno a che fare con la comprensione dei meccanismi del mutamento culturale, particolarmente pertinenti per la storia culturale di una città come Milano storicamente nutritasi di una grande varietà di apporti esterni, cui la vicenda umana e professionale di Mario Melino offre ulteriori elementi di conoscenza.

Articoli correlati