Alberi per un «Natale di pace»
Di Giorgio De Vecchi
Nel 1968 i Gufi, un noto gruppo cabarettistico Milanese, misero in scena uno spettacolo irriverentemente antimilitarista, «Non spingete scappiamo anche noi»: la canzone che dava il titolo allo spettacolo e al long play continuava, infatti, «alla pelle teniam come voi, meglio esser becchi e figli di boia che far gli eroi per casa Savoia».
Erano gli anni dell’escalation statunitense in Vietnam e lo spettacolo recepiva a suo modo il sentimento diffuso di opposizione alla guerra; a quella guerra in particolare che lo sberleffo cabarettistico espressamente denunciava e irrideva nell’ultima strofa della canzone di «Era Natale»:
«Era Natale ed alla Casa Bianca/ l’esercito era lì col presidente/ a ricevere la benedizione/ prima di andare nell’Estremo Oriente. / "La sacra face della libertade/ spetta l’onore a voi di mantenere". / Tutti in coro risposero i soldati:/ "Con quella face scaldati il ...”» E il coro entrava a coprire la rima cantando solennemente «Gloria nei cieli e pace quaggiù/ tra il bue e l’asinello è nato Gesù».
Il richiamo al Natale non era affatto casuale perché fin dal 1965, anno in cui la guerra in Vietnam era ripresa con l’intervento degli Stati Uniti, la festa col suo messaggio di «pace in terra agli uomini di buona volontà» [questa era allora la traduzione letterale dell’inno religioso] era divenuta un momento di sensibilizzazione e mobilitazione per la pace che accomunava il pacifismo di sinistra con quello cattolico.
Particolarmente intenso fu l’impegno dei giovani militanti della FGCI e il quotidiano del partito se ne fece portavoce. Il 5 dicembre 1965, per esempio, l’Unità titolava: Riprende il movimento per il Vietnam (occhiello) – A Natale sulle piazze di Roma sorgeranno «alberi di pace» (titolo). E il 24 dicembre dello stesso anno:
L’albero di Natale nelle piazze e nelle strade divenne un veicolo di denuncia della deriva della guerra in Vietnam – come di tutte le guerre del Novecento – da conflitto tra truppe schierate a carneficina delle popolazioni civili: se nelle storiche guerre combattute nel Settecento e nell’Ottocento le vittime civili potevano essere considerate «danni collaterali» in molte guerre del Novecento divennero l’obiettivo ricercato e voluto dei bombardamenti indiscriminati.
Questo sembra cogliere l’albero di Natale realizzato a Bologna nel 1972 addobbato con sagome di bombe e con una scritta che non lascia dubbi sull’intento.
Lo stesso messaggio trasmette la struttura a forma di albero di Natale per il Vietnam realizzata a Cavriago, in Piazza Angelo Zanti, sempre nel 1972.
Accanto al messaggio di denuncia appare quello di pace in consonanza con l’autentico significato della celebrazione del Natale. A questo si ispira l’albero di Natale realizzato in una strada di Novate Milanese nel 1967. L’auspicio affidato alla scritta dello striscione cadrà purtroppo nel vuoto. Il cartello in evidenza appeso all’albero denuncia auspica anche il ritorno alla democrazia in Grecia: il 21 aprile di quell’anno c’era stato il colpo di stato militare che portò alla «dittatura dei colonnelli» fino al 1974.
La campagna per la pace in occasione del Natale di quegli anni fu accompagnata dalla produzione di manifesti che invitavano alle manifestazioni per testimoniare l’impegno contro la guerra, per la distensione internazionale, il disarmo e l’indipendenza dei popoli.