Un uomo del Rinascimento calato nel XX secolo: Alberto Mortara attraverso le carte del suo archivio
Di Alberto De Cristofaro
Anche a un archivista può capitare, nel corso della sua attività professionale, di imbattersi in figure che scavalcano i secoli o, più precisamente, che sembrano fatte di un tessuto diverso, per così dire, rispetto alla stragrande maggioranza dei loro contemporanei. Alberto Mortara è stato, a mio avviso, una di queste personalità, un uomo cioè che probabilmente si sarebbe trovato perfettamente a proprio agio in una corte rinascimentale italiana del ‘500, magari proprio in qualità di consigliere del Principe, dotta eminenza grigia al corrente di tutti i segreti di Palazzo, intellettuale versatile in più rami dello scibile, suggeritore affidabile, e mai servile, di strategie economiche politiche culturali. Dal suo archivio, conservato in Fondazione ISEC, tutte queste caratteristiche emergono nitidamente, e raccontare succintamente la sua biografia, accompagnandola con immagini di documenti originali, conservati in Fondazione ISEC, può essere un modo per farle emergere.
Alberto Mortara nasce a Venezia il 25 aprile 1909; il padre ha un’attività commerciale nel ramo dei pellami, la madre, Emilia Pincherle, proviene da una famiglia veneziana con importanti trascorsi risorgimentali. Nella formazione di Mortara la famiglia materna ha un influsso determinante: una zia di sua madre, Amelia Rosselli, madre di Carlo e Nello, alla morte di questa, nel 1918, diventa per lui una sorta di seconda mamma e i figli di lei, seppure un poco più grandi di Alberto, quasi dei fratelli maggiori. Crescendo anzi, Nello e Carlo, diventano per lui dei saldi punti di riferimento anche a livello politico. Grazie al rapporto con loro matura il suo antifascismo e le sue idee di socialista liberale, che conserva per tutta la vita. Frequenta il Liceo Parini a Milano e lì conosce alcuni degli amici di tutta la vita: fra gli altri Ernesto Nathan Rogers e Gian Luigi Banfi, che insieme a Belgioioso e a Peressutti costituiranno il famoso studio di architettura BBPR. Altri amici della prima giovinezza, e che lo saranno anche negli anni della maturità e persino della vecchiaia, sono poi ad esempio Roberto Lopez, uno dei più importanti medievisti italiani del secolo scorso, per decenni professore a Yale, Gillo Dorfles, illustre critico d’arte, Vito Latis, altro importante architetto, Eugenio Colorni, filosofo, politico e militante antifascista ucciso nel 1944, Paolo Baffi, economista e governatore della Banca d’Italia, e tanti altri.
Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita a Milano con una tesi di storia economica nel 1931, avendo nel frattempo dovuto anche lavorare per esigenze economiche familiari come volontario presso la sede milanese della Banca d’America e d’Italia (1927-1928), prima, e come impiegato presso la Banque italo-française de crédit di Tunisi (1929-1930), poi, Mortara nel 1932 viene assunto, ma non prima di aver ricevuto parere favorevole dei cugini Carlo e Nello, dalla Confederazione fascista dei lavoratori del commercio, inizialmente come responsabile dell’Ufficio provinciale di Imperia, fino al 1934, e successivamente come capo dell’Ufficio economico e statistico della sede centrale romana. In questo ambito sindacale Mortara ha modo di approfondire diverse ricerche economiche, come le condizioni di vita, di lavoro e salariali dei lavoratori di specifiche categorie della Confederazione (lavoranti panettieri, portieri, addetti ai macelli, dipendenti dei grandi magazzini, personale di servizio domestico). Egli affronta inoltre il problema generale del costo pagato dai lavoratori per l’applicazione della politica deflazionista di austerità praticata dal governo fascista nel decennio 1927-1936. Oltre a queste ricerche scrive diversi saggi di politica e di storia economica (su un tentativo di colonizzazione agraria in Maremma all’epoca lorenese – sviluppo della sua tesi di laurea -, sul lavoro italiano all’estero, sul clearing multilaterale, sul commercio italiano dei fiori freschi, sui grandi magazzini e i magazzini a prezzo unico).
Collabora tra l’altro con il “Giornale degli economisti” e con la “Nuova rivista storica”. Nel 1938, lui ebreo e non iscritto al Partito fascista, viene indotto ad abbandonare la Confederazione in conseguenza della promulgazione delle leggi razziali. Trova quindi impiego come direttore commerciale in una società di gestione di grandi magazzini, la Ptb (Per tutte le borse) . Cessato il rapporto di lavoro con la Ptb nel 1940, fino al 1943 lavora come dirigente in una raffineria di oli minerali. Nel frattempo, nel 1942, si è sposato con una cittadina austriaca di religione ebraica, Alice Feldstein (Lisa), allontanatasi dal suo paese dopo l’annessione al Reich nazista e giunta a Milano per completare i propri studi universitari. Tra il 1943 e la Liberazione Mortara partecipa a Firenze e Milano, nelle fila di Giustizia e Libertà, alla Resistenza. Tra il 1944 e il 1945, per alcuni mesi è costretto a rifugiarsi con la famiglia in Svizzera per sfuggire alle persecuzioni razziali: lì continua a svolgere attività antifasciste, soprattutto come pubblicista e su temi economici, e ha modo di riprendere i contatti con Ernesto Rossi.
Nell’immediato dopoguerra fa attività politica nel Partito d’Azione e nel Movimento federalista europeo, di cui è stato uno dei promotori, avendo preso parte tra l’altro alla prima riunione dello stesso avvenuta nell’agosto 1944 a Milano, e nel contempo è consigliere economico della Montecatini a fianco dell’amico Mario Rollier (vicepresidente della società). Allo scioglimento del PdA, Mortara per qualche tempo si apparta dalla vita politica attiva, per rientrarvi a partire dal 1947 nell’ambito del Movimento di Comunità fondato da Adriano Olivetti. Nel corso degli anni ’50 collabora molto attivamente alla vita del Movimento e nel 1958 viene candidato alle elezioni politiche come capolista per la Camera nel collegio di Milano-Pavia. In quegli anni, e ancora nel decennio successivo, Mortara offre anche la sua collaborazione alle iniziative editoriali del Movimento, scrivendo in particolare articoli per la rivista “Comunità” e per il giornale “La Sentinella del Canavese”. Nel 1954 poi diviene socio (poi vicepresidente) dell’I-rur, Istituto per il rinnovamento urbano e rurale, un ente che, presieduto da Olivetti, si occupava di stimolare e consigliare alcuni piccoli proprietari agricoli, imprenditori e artigiani locali e di suscitare nuove iniziative imprenditoriali nel Canavese.
Oltre all’attività in seno al Movimento di Comunità, Mortara collabora anche professionalmente con la società Olivetti assumendo nel 1957 (e sino al 1966) la presidenza della Sada, una società del Gruppo operante nel settore dei duplicatori e affini. Parallelamente a tutte queste iniziative egli collabora con altre società e nel 1950, insieme con Guido Rollier, dà vita a una società cinematografica, la Romor Films, che realizza in particolare documentari d’arte e culturali, ma anche film a soggetto. In questo ambito risulta di particolare rilievo la collaborazione con il grande storico e critico d’arte nonché regista di interessantissimi “critofilm” Carlo Ludovico Ragghianti, suo amico di vecchia data ed ex presidente azionista del Comitato di liberazione nazionale della Toscana,
A testimonianza del suo interesse non effimero per il mondo del cinema va segnalata anche la sua partecipazione all’attività della Compagnia finanziaria cinematografica (1956-1975) operante nel settore del finanziamento e della distribuzione di pellicole. Accanto a tutti questi impegni, dal 1956 Mortara diviene segretario generale e vicepresidente del Ciriec (Centro italiano di ricerche e d’informazione sull’economia delle imprese pubbliche e di pubblico interesse), sezione italiana del Ciriec internazionale, organismo fondato a Ginevra nel 1947. L’attività nel Ciriec diviene con il passare degli anni centrale per Mortara che ivi svolge un intenso lavoro culturale dirigendo la rivista “Economia pubblica” e le collane editoriali dell’organizzazione e tessendo un’articolata rete di rapporti a livello nazionale e internazionale. Questo impegno lo porta a ricevere un importante riconoscimento nel 1971, quando la Sir George Williams University di Montreal gli conferisce la laurea honoris causa in economia.
Uomo di notevole sensibilità culturale e legato profondamente alle proprie origini, dall’inizio degli anni ’70 Mortara si spende con grande energia e intelligenza per la valorizzazione del centro storico ebraico di Venezia. Presidente di un apposito Comitato per il centro storico si attiva anche a livello internazionale nella ricerca di fondi per restaurare alcuni luoghi simbolo dell’ebraismo veneziano, come la bellissima Scola Grande Tedesca. Particolarmente significativa la sua attività per la pubblicazione in due volumi di una ricerca sull’antico cimitero ebraico del Lido di Venezia, con una prefazione di Primo Levi. Alberto Mortara muore a Milano il 17 febbraio 1990.
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