La figura di Giovanni Broglio attraverso le carte dell’archivio storico della Breda
Di Alberto De Cristofaro
Sin dal 1910 la Società italiana Ernesto Breda (Sieb) “si preoccupò vivamente del problema concernente le abitazioni per i suoi impiegati ed operai, ed in quell’anno costruì in Sesto San Giovanni, in località adiacente ai suoi stabilimenti, un primo gruppo di case a più piani […]. Queste case comprendono circa trecento alloggi bene areati e provvisti di tutti i servizi di gas, acqua, luce elettrica e lavatoi” (La Società italiana Ernesto Breda per costruzioni meccaniche. Dalle sue origini ad oggi, 1886-1936, Verona, Officine grafiche A. Mondadori, 1936, p. 115). Questo primo nucleo abitativo fu costruito in via Venezia, al numero civico 25, su progetto dell’architetto Giovanni Broglio e si configurava come un vero e proprio quartiere sul modello del quartiere Rottole dell’Umanitaria a Milano, anch’esso progettato da Broglio nel 1909. Inizialmente, il quartiere Breda prevedeva ventisei fabbricati, ma di questi ne furono realizzati solo sei.
La prima Guerra mondiale aveva interrotto i “progetti di ampliamenti già prossimi ad essere attuati” (ivi), ma dal 1920, grazie a un accordo finanziario con l’Istituto autonomo delle case popolari (Iacp) di Milano, l’attività edilizia era ripresa. Tra il 1920 e il 1925 furono costruite su progetto di Broglio nove cosiddette “casine”, con impianto a T e due alloggi con ingresso indipendente: sei monopiano per capi operai e tre a due piani per impiegati; ogni edificio era dotato di giardino. Tipologicamente, il complesso costituiva un vero e proprio villaggio che si ispirava alle “città giardino” già sperimentate e realizzate da Broglio in diversi quartieri di Milano (Villaggio “La Postelegrafonica” in viale Zara, Villaggio giardino “Campo dei Fiori”, tra Villapizzone e la Ghisolfa, e Villaggio giardino “Gran Sasso”, nei pressi di piazzale Piola) e costruite dallo Iacp. Significativamente, nell’aprile del ‘25, la Sieb concludeva un accordo con l’Istituto delle case popolari in base al quale aumentava “la propria quota di conferimento del capitale di questo Istituto da lire 430.000 a L. 900.000 allo scopo di dare ulteriore sviluppo al programma di costruzioni popolari in Sesto San Giovanni, studiate di comune accordo. Precisamente detto aumento verrà destinato, insieme al mutuo che questo Istituto avrà cura di assumere, alla costruzione da iniziarsi subito di una grande casa a più piani, ad esclusivo scopo di abitazione, sull’area che questo Istituto si è assicurata fra le vie Bergomi e Marconi, adiacenti al secondo gruppo di casette costruite nel 1922” (lettera del 18 aprile 1925, in Archivio Fondazione ISEC, fondo Breda IV sez. – Dean). Anche l’edificio a cui si faceva cenno nella lettera era stato progettato da Broglio. Con il prospetto principale lungo la via Bergomi esso aveva un corpo con timpano centrale, quattro piani fuori terra, un basamento in materiale cementizio al piano terra coronato da una cornice marcapiano che allineava i davanzali del primo piano. La facciata era elegantemente scandita in verticale dalla presenza di finestre aggettanti tra primo e secondo piano.
Successivamente, nel 1936, Broglio aveva progettato a Sesto, sempre per i lavoratori della Breda, il quartiere Luigi Razza tra le vie Rovani e F.lli Bandiera. Si trattava in questo caso di case a corte e in linea. L’ultimo progetto dell’architetto Broglio per la Breda fu elaborato nel 1941 e riguardava un edificio in linea da costruirsi in via Damiano Chiesa, che “prevedeva due gruppi di fabbricati, a 3 ed a 4 piani fuori terra, costituiti da alloggi di 2-3 locali”. Esso però non venne realizzato così come l’aveva concepito l’architetto “per la sospensione, decretata nei primissimi mesi del 1942, di tutti i lavori edili non aventi carattere bellico” (“Cenni sull’interessamento della Breda per dare alloggio a propri dipendenti”, in Archivio Fondazione ISEC, fondo Breda IV sez. – Dean). Questa iniziativa edilizia fu portata a termine solo nel 1948 con modifiche al piano originale.
Una relazione scritta da Broglio il 28 giugno 1941 e inviata alla Breda, intitolata “Quartiere di case popolari da costruire a Sesto S. Giovanni tra le vie Baracca e Rovani per conto della S.A.I. Ernesto Breda”, ci permette di capire quale fosse la filosofia che animava questo architetto che, nato nel 1876 in Canton Ticino in un’umile famiglia italiana (il padre era occupato nello scavo della Galleria del San Gottardo), lavorando di giorno come operaio e frequentando dei corsi serali, era riuscito con notevoli sacrifici a laurearsi nel 1900 al Regio Istituto Tecnico Superiore, l’odierno Politecnico di Milano, per dedicare gran parte della sua vita professionale alla costruzione di case e quartieri per i lavoratori, soprattutto a Milano (dal 1912 Broglio aveva trovato impiego presso lo Iacp in qualità di dirigente dell’Ufficio progettazione), avendo come idea di fondo quella di migliorare le condizioni di vita delle fasce più disagiate della popolazione. Ebbene, in quella relazione Broglio, nel descrivere le caratteristiche del nuovo edificio da lui immaginato, non mancava di ribadire che lo scopo era quello “di fornire case sane e decorose alle famiglie dei piccoli impiegati, dei capi riparto e degli operai, che formano i quadri della vostra organizzazione, come premio di fedeltà e di attaccamento al lavoro. […] La disposizione dei fabbricati […] venne studiata in modo da ottenere il migliore orientamento e soleggiamento degli alloggi senza alcun sacrificio per l’estetica del complesso degli edifici. […]”. Gli appartamenti poi, “colla loro varietà di forma, ricchezza di balconi e terrazzi e distinzione di colori, devono formare un complesso semplice e armonico, che renda l’alloggio gradevole soggiorno per le famiglie […] Tornando dall’officina, gli operai devono sentire di entrare non in un alveare umano e tanto meno in un’altra officina, sia pure meno nera e meno rumorosa, ma in un ambiente confortevole, accogliente e comodo” (Archivio Fondazione ISEC, fondo Breda IV sez. – Dean). Idee indubbiamente coerenti con l’opera svolta da Broglio nei decenni precedenti, in parte certo retaggio dei suoi sacrifici giovanili e delle esperienze abitative che aveva vissuto in prima persona, quando ancora studiava e lavorava per mantenersi.
Le immagini e i disegni che illustrano il testo sono tratti dall’Archivio storico Breda conservato in Fondazione ISEC.
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