Quartiere Giovinezza, alloggi economici a futura cessione di proprietà, in "Costruzioni per conto di altre Amministrazioni" [IACP, ca. 1931]

Case popolari a Milano nella prima metà del Novecento

Di Dino Barra

In Fondazione ISEC si conserva un voluminoso album fotografico proveniente dall’archivio storico della Breda, che porta la dicitura Costruzioni per conto di altre Amministrazioni e raccoglie circa duecento immagini di insediamenti di edilizia pubblica realizzati a Milano. 

Pur non riportando altre informazioni oltre al titolo, l’album è con ogni probabilità opera dell’Istituto Autonomo Case Popolari. Esso appare come la prosecuzione e l’aggiornamento di un testo del 1929 – L’Istituto per le case popolari di Milano e la sua opera tecnica dal 1909 al 1929 – scritto e curato da Giovanni Broglio, in quegli anni a capo dell’ufficio tecnico dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Milano. Anche questo testo, come l’album fotografico, contiene numerose immagini delle realizzazioni fatte da IACP, molte ritornano identiche nelle due pubblicazioni. Questo ci permette di risalire al fotografo che le ha realizzate, Antonio Paoletti: di origini livornesi, nella prima metà del ‘900 lavorò a Milano collaborando con numerose istituzioni pubbliche (Castello Sforzesco, Museo archeologico, Galleria d’Arte moderna), aziende (AEM e Edison Volta) e anche con l’Istituto fascista per le Case Popolari. 

L’album è destinato ai committenti dell’Istituto: soprattutto il Comune di Milano, ma anche aziende private come Pirelli e Breda (e questo spiega la sua presenza negli archivi della fabbrica sestese). 

Il grafico che segue, riportato in apertura, lascia intuire il possibile anno di pubblicazione – 1931 o 1932 – e anche lo scopo propagandistico dell’opera che è di sottolineare l’imponenza degli interventi da parte di IACP nel periodo delle Amministrazioni podestarili milanesi.

L’attività di IACP a Milano - definito nel corso del tempo con diversi acronimi – inizia nel 1908, anno della sua fondazione. Prima di allora c’erano stati interventi edilizi a favore delle “classi operaie”, da parte del Comune (quartiere Ripamonti con la Giunta Ponti) e anche di istituzioni assistenziali private come la Società Umanitaria. (se ne fa cenno in altra parte della newsletter). 

Negli anni tra la fine dell’Otto e gli inizi del Novecento il bisogno di case è drammatico. Milano è in pieno sviluppo economico e attira migliaia di immigrati dalle campagne circostanti. Si costruiscono circa 1500 alloggi all’anno per i ceti popolari a fronte di un saldo positivo di immigrati molto maggiore.  L’IACP nasce con lo scopo di attirare capitali privati per convogliarli verso la costruzione di case per lavoratori attraverso tutte le facilitazioni che l’ente locale e lo Stato centrale sono in grado di assicurare, dalla cessione di aree fabbricabili alla concessione di contributi finanziari. Tra il 1909 e il 1911 vengono costruiti il quartiere di via Lulli e poi il quartiere Lombardia (oggi viale Romagna) seguiti da interventi in via Cialdini (per i tranvieri, 1912) e a Niguarda (1913). Nel 1912, l’IACP ha già realizzato 3135 alloggi, comunque insufficienti rispetto al bisogno di casa di tutti coloro che non possono permettersi i prezzi di mercato di alloggi privati che molto spesso rimangono sfitti.

Nel corso della guerra l’attività dell’Istituto è bloccata. Riprende negli anni immediatamente successivi, quando si tratta di fronteggiare una situazione abitativa drammaticamente peggiorata. Nel 1919 la giunta del sindaco socialista Emilio Caldara cerca i modi per porre rimedio al problema. Requisisce temporaneamente cave e fornaci che producevano materiali edilizi mettendoli a disposizione dell’IACP che realizza nel giro di 200 giorni quattro villaggi giardino non lontani dal centro – Gran Sasso, Baravalle, Tiepolo, Campo dei Fiori – destinati a ceti popolari, dove ogni alloggio è dotato di uno o più locali, servizi e un orto. 

Nel 1921 l’IACP costruisce case per gli operai della Pirelli e della Breda a Greco e a Sesto San Giovanni con una partecipazione finanziaria di circa 1/3 alle spese da parte delle due aziende.

Borgo Pirelli

Gli interventi per la costruzione di case popolari messi in campo fino alla metà degli anni ’20 sono in costante crescita (ma non per l’anno 1924-25, sindaco il liberale Luigi Mangiagalli appoggiato dal PNF) e tuttavia il bisogno di case non diminuisce. 

Il flusso di immigrati si intensifica, nonostante i provvedimenti nazionali contro l’urbanesimo: nel periodo compreso tra il 1920 e il 1932 si registra un saldo positivo di persone in entrata rispetto a quelle in uscita mediamente di 10.000 persone l’anno e in questo modo la popolazione milanese finisce nel 1932 per superare il milione di abitanti. Al bisogno abitativo degli immigrati si aggiunge quello degli abitanti dei quartieri popolari del centro città – ex Verziere, piazza della Vetra, ecc. - sradicati dai luoghi di residenza in un numero che si è calcolato aggirarsi attorno alle 60.000 persone per via degli sventramenti realizzati tra la seconda metà degli anni ’20 e la prima metà degli anni ’30. La miscela di questi due fattori genera il fenomeno dei baraccati che si addensano ai margini della città e il sovraffollamento delle vecchie case di ringhiera.

In questo contesto, a partire dal 1926, anno di insediamento delle giunte podestarili, l’attività dell’IACP conosce una consistente accelerazione. L’Istituto costruisce grossi insediamenti di “alloggi popolari e popolarissimi”: così vengono definite le case destinate alle fasce più indigenti della popolazione lavoratrice per le quali è previsto un contratto di affitto; in particolare, gli alloggi “popolarissimi” sono quelli costituiti da un solo locale con i servizi o massimo due locali per le famiglie numerose. In questi insediamenti vengono trasferiti parte degli abitanti delle baraccopoli.    Al Corvetto prende forma tra il 1925 e il 1931 il quartiere Regina Elena, nasce poi nel 1926 il quartiere Solari a sud ovest e verso la periferia sud si costruisce tra il 1927 e il 1929 il quartiere XXVIII ottobre (Stadera), con funzioni di smistamento verso altre abitazioni dell’IACP.

Nel 1929 si edificano anche due dormitori in via Aldini a Quarto Oggiaro e in piazza dei Cinquecento al Corvetto, seguiti, tra il 1934 e il 1937, dalla costruzione di “case minime” alla Trecca, in via Zama, a Baggio, Bruzzano, Vialba, zone periferiche e scarsamente collegate al centro.

Case albergo del Comune di Milano

La tendenza più significativa di questi anni, tuttavia, è quella di costruire “alloggi popolari ed economici”, che godono cioè di erogazioni pubbliche e vantaggi fiscali ma assegnati con patto di futura vendita o da vendersi subito. Sono destinati a categorie dal reddito medio e medio alto, professionisti, dipendenti pubblici, anche industriali. Tra il 1926 e il 1931, ben 13 quartieri dei 22 costruiti a Milano da IACP vengono destinati alla locazione con patto di futura vendita.  Questo induce un cambiamento della composizione sociale degli inquilini delle case dell’IACP. Se nel 1910 la componente operaia è quasi del 67%, nel 1927 è scesa al 46%. Contestualmente, le categorie lavorative comprese nel ceto medio arrivano in questo stesso anno a superare il 50%, anche in coerenza con il processo di crescente terzializzazione della città (D. Franchi e R. Chiumeo, Urbanistica a Milano in regime fascista. Firenze, Nuova Italia, 1972).  

Le immagini seguenti sono di alcuni di questi villaggi “popolari ed economici” dove gli alloggi arrivano ad avere anche 5-6 stanze:

La costruzione di alloggi con patto di futura vendita o per determinate categorie professionali è l’aspetto di una politica abitativa avviata in età liberale. Già nel 1920 era stato realizzato il villaggio di villette “Cooperativa la Postelegrafonica”.

Villaggio della coop. “La Postelegrafonica”

Le giunte podestarili del ventennio alimenteranno questa tendenza, anche in funzione del consenso al regime da parte del ceto medio urbano.

La pianta delle realizzazioni IACP è tratta da L’Istituto per le case popolari di Milano…, cit.  

Gli insediamenti di case popolari hanno servizi igienici in ogni singolo alloggio e spazi comuni per docce, lavatoi, infermeria, asili infantili, centri di assistenza dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia.

Assistenze igieniche, educative e sociali agli inquilini delle case popolari

Vi sono anche locali destinati al tempo libero con sale di lettura e di riunione: prima del fascismo sono spesso sede di “leghe di inquilini”, in seguito si trasformano in sedi locali del PNF. 

La seconda metà degli anni’30 e i primissimi anni ’40 vedono realizzazioni importanti tra cui il quartiere Bossi in viale Molise e il quartiere F. Filzi in Città Studi. Vengono costruite case popolari anche in zona San Siro e in prossimità di via Padova (Quartiere Beretta).

Non solo IACP. A proposito di case popolari, val la pena di segnalare la realizzazione in viale Monza angolo Sant’Erlembardo, in zona Gorla, di un insediamento di case popolari inaugurato nell’aprile del 1941, destinato a famiglie numerose in condizioni di forte disagio abitativo, finanziato dalla Fondazione Crespi Morbio della famiglia Crespi, storica dinastia di industriali tessili di origine bergamasca.

Il villaggio si compone di 184 alloggi con servizi, acqua e riscaldamento, e di spazi comuni al chiuso (lavanderia, servizi igienico sanitari e per l’infanzia) e all’aperto (viali, giardini, campi da gioco). Le famiglie vi risiedono gratuitamente per un periodo che va dai quattro ai dieci anni.

I capifamiglia devono pagare soltanto un canone tenuissimo del quale una parte va a parziale rimborso dei servizi e consumi personali (acqua potabile…riscaldamento…) e una parte, proporzionata al numero degli ambienti occupati, verrà loro accreditata dall’Ente in un libretto di risparmio al portatore e dovrà servire a pagare l’affitto per un certo tempo in quartieri dell’istituto Fascista per le Case Popolari, quando verrà a scadere il termine massimo della concessione dell’alloggio gratuito.

La citazione è tratta da un fascicolo della Fondazione Crespi Morbio – Quartiere di abitazione a Milano per famiglie di lavoratori aventi numerosa prole – edito da Garzanti presumibilmente nel 1941, che è compreso nella Biblioteca "Leo Finzi" della Fondazione Collegio degli ingegneri e architetti di Milano, conservata presso Fondazione ISEC.

Nonostante questo concerto di realizzazioni, la situazione abitativa milanese peggiora man mano che ci si avvicina agli anni della guerra.   Nel 1940, in una relazione di bilancio dell’attività svolta, l’I.A.C.P. di Milano pronuncia parole definitive sulla situazione abitativa in città:

 L’iniziativa privata rimane persistentemente e assolutamente lontana e assente da qualsiasi apprezzabile azione nel campo delle costruzioni operaie, cosicché il nostro istituto si trova da solo a dover sostenere tutto il peso della difficilissima situazione…In mancanza di alloggi disponibili nelle nostre case popolari come in quelle private, la nuova popolazione della città si è alloggiata come ha potuto. Per la maggior parte essa si è ammucchiata nei vecchi stabili privati, stipandoli in qualche caso fino all’inverosimile e peggiorando ulteriormente in tal modo le già tanto gravi condizioni preesistenti; in parte è andata ad abitare nelle nuove costruzioni private, di carattere più modesto, ma pur sempre concesse in affitto a canone locatizio troppo superiore alle sue possibilità economiche. Infine, la parte più misera e indigente, affluita a Milano assolutamente priva di mezzi, ha trovato sfogo nelle luride baracche che, malgrado tutti gli ostacoli sovrapposti, continuamente sorgono alla periferia della città…Il problema pertanto delle abitazioni popolari, già grave nel 1931, si è andato facendo man mano sempre più assillante e tormentoso negli anni successivi fino a raggiungere la preoccupante situazione attuale: per cui il nostro istituto si trova a dover sottostare a una pressione da parte dei richiedenti che esso non riesce più a fronteggiare…  

(in D. Franchi e R. Chiumeo, cit., p. 144)

 

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