Welfare aziendale e case per operai e maestranze a Sesto San Giovanni
Di Giorgio De Vecchi
Nei primi anni del Novecento il territorio di Sesto San Giovanni divenne oggetto degli interessi di industriali milanesi del settore meccanico-siderurgico costretti a uscire dai vecchi quartieri della periferia di Milano per cercare terreni e spazi più consoni allo sviluppo dell’industria pesante.
Sesto San Giovanni presentava da questo punto di vista una serie di condizioni ottimali: la tramvia elettrica interurbana, la linea ferroviaria internazionale e il grande stradone Loreto-villa Reale Monza facevano di Sesto l’epicentro dell’asse infrastrutturale attrezzato Greco-Niguarda–Monza che i piani di sviluppo urbanistici milanesi avevano prefigurato per i grandi insediamenti industriali. Sesto si trovava poi a monte della linea delle risorgive, ossia sull’altipiano irriguo caratterizzato da solidità del terreno e facile accesso alle falde freatiche: entrambe le condizioni erano necessarie all’industria siderurgica.
La trasformazione del territorio fu un’opera programmata e progettata e fu gestita da società immobiliari allo scopo costituite: la Società Anonima Milano per compra e vendita di terreni, espressione del gruppo Falk, e la Società Anonima Quartiere Industriale Nord Milano, che faceva capo agli imprenditori Breda, Marelli, Falck e Pirelli, entrambe con la partecipazione della Banca Commerciale, Bastogi, Banca Feltrinelli. Queste società immobiliari cominciarono a far incetta di terreni operando una profonda trasformazione delle strutture urbanistiche dell’intero settore extraurbano nell’arco tracciato dai raggi che dipartendosi dalla Stazione centrale seguivano la vecchia Vallassina e la ferrovia.
Il risultato fu che Sesto San Giovanni in soli dieci anni subì una radicale trasformazione da borgo agricolo a città industriale. Fra il 1903 e l’inizio della prima Guerra mondiale Sesto San Giovanni divenne uno dei maggiori centri industriali a livello nazionale; la popolazione residente passò da 7.315 unità del 1903 a 16.591 nel 1915, mentre gli addetti all’industria, poco più di 500 nei primi anni del Novecento, nel Censimento degli opifici del 1911 salirono a 7.321.
Il problema degli alloggi per le maestranze
L’industrializzazione comportò una rapida trasformazione nell’assetto del territorio e l’impatto di imponenti flussi migratori e pendolari pose, in maniera urgente, il problema degli alloggi. Accanto all’edilizia privata, le imprese sestesi si posero ben presto il problema della costruzione e dell’acquisizione di abitazioni per i lavoratori. Non si trattava solo di una forma di paternalismo imprenditoriale di stampo filantropico, ma della necessità di legare alle aziende tecnici e lavoratori specializzati nelle nuove produzioni metallurgiche e meccaniche. In altri termini, ci troviamo di fronte a un padronato che, sia pur per necessità, si mostra sensibile alle esigenze logistiche delle maestranze e vara un piano di welfare aziendale che ha come primo obiettivo la costruzione di abitazioni ma si preoccupa anche delle esigenze delle famiglie con a realizzazioni di asili per l’infanzia e strutture per le attività sociali. In questo articolo ci occupiamo del problema degli alloggi.
Le realizzazioni del welfare aziendale: i dormitori
Il primo intervento fu realizzato dalla la Breda che nel 1903 ricavò un Dormitorio femminile presso l’oratorio di Santa Margherita alla Torretta.
Nel primo dopoguerra lo sviluppo delle industrie siderurgiche, la cui organizzazione del lavoro si basava su turni con mano d’opera immigrata o pendolare proveniente dalle aree prealpine, comportò la costruzione di grandi dormitori: un esempio è il Dormitorio Falck detto popolarmente “Palasùn”, in via Mazzini prospicente sulla portineria dello stabilimento Unione. Alla fine degli anni Venti, la società disponeva di altri 7 dormitori per complessivi 1.000 posti letto.
Nei primi anni Venti l’OSVA (Officine Sestesi Valsecchi Abramo) costruì di fronte alla vecchia Stazione ferroviaria e adiacente allo stabilimento un edificio destinato a spogliatoi e dormitorio.
Nel 1926 soprattutto per le esigenze della Breda Siderurgica, si costruì alla Torretta l’Albergo operaio da 350 posti letto. Nello stesso anno, anche la Ercole Marelli realizzò accanto al II stabilimento Grandi costruzioni, un Dormitorio operaio.
Welfare aziendale: la Falck
Interventi più strutturali furono dedicati alla costruzione di case per operai, capi operai e impiegati dirigenti. La distinzione non è solo nominale, perché le tipologie di abitazione variavano in funzione della gerarchia intera alle aziende: appartamenti per gli operai, appartamenti con giardino per i capi operai o impiegati, villette per i dirigenti.
Comunque, già nel 1906, contemporaneamente all’inizio della produzione, nel recinto dello Stabilimento Falck fu costruita la prima casa per operai.
Nel 1908 sul viale Italia, la Fonderia Attilio Franco costruì il primo nucleo di un villaggio per i dipendenti. Quando la Fonderia nel 1919 fu acquisita dalla Falck, l’azienda ampliò il progetto e diede il via alla realizzazione del Villaggio Falck. Si trattò di un intervento urbanistico articolato e competo con vie e piazze per complessivi 1.000 locali per altrettanti e più abitanti, lontano dal centro del paese ma sostanzialmente autonomo. Su progetto dell’ingegnere Amilcare Mella, la costruzione iniziò nel 1922 con la realizzazione di villini dotati piccoli orti e di un campo sportivo, e fu completata negli anni Trenta, con case a due e tre piani, palestra, scuola, spacci alimentari, bagni e docce e la chiesa di San Giorgio alle Ferriere.
Sempre negli anni Venti e Trenta a cornice degli stabilimenti in viale Italia e nelle vie Puricelli Guerra, General Cantore, Acciaierie, Falck e Torino, furono acquisite e/o costruite case a più piani per operai (1924), villini plurifamiliari per capi operai e impiegati (1924-34).
Nel 1939 la Falck finanziò la costruzione di un altro villaggio, poco lontano dal centro abitato, dedicato al generale Armando Diaz. Nel 1954 esso dava alloggio a 1.900 abitanti.
Nel secondo dopoguerra l’ultima iniziativa fu la costruzione di 4 case per complessivi 48 piccoli appartamenti nell’area dello stabilimento Concordia, poi abbattute per far posto agli impianti.
Welfare aziendale: la Marelli
La Ercole Marelli dal 1907 acquistava interi lotti della Villa Puricelli Guerra e delle sue adiacenze, da destinare ad abitazione per capi operai. All’interno dell’area dello stabilimento costruì una casa operaia.
A questa iniziativa fecero seguito nel 1910 la costruzione di una casa per operai e nel 1912 di una casa per impiegati, entrambe sorte nelle vicinanze del primo tratto di viale Edison.
Conclusioni
Delle realizzazioni della Breda si parla ampiamente nell’articolo di Alberto De Cristofaro contenuto in questa newsletter.
Nel suo complesso l’intervento delle aziende nell’edilizia abitativa fu significativo e consistente: nel 1953 le maggiori imprese sestesi detenevano l’8% dei vani e il 10% degli appartamenti sul totale delle case operaie fatte costruire dagli industriali lombardi; Breda e Falck detenevano il 18% dei posti letto dei dormitori aziendali della Lombardia.
Articoli correlati
- Introduzione - Edilizia pubblica a Milano
- Case popolari a Milano nella prima metà del Novecento
- I villaggi giardino di Milano nella rivista "La Casa"
- La figura di Giovanni Broglio attraverso le carte dell’archivio storico della Breda
- Welfare aziendale e case per operai e maestranze a Sesto San Giovanni
- Piero Bottoni e il problema della abitazione operaia nella provincia di Milano negli anni trenta