C’era una volta, non tanto tempo fa… il Registro degli infortuni

I registri degli infortuni furono introdotti ufficialmente in Italia nel 1955 (art. 403 del D.P.R. n. 547), per essere aboliti esattamente sessant’anni dopo, nel 2015 (decreto legislativo n. 151). Tali registrazioni avevano lo scopo di fornire ai datori di lavoro informazioni utili per una corretta attività preventiva. Sul registro, vidimato inizialmente dall’Ispettorato del lavoro e in un periodo successivo dall’Unità sanitaria locale, andavano annotati gli incidenti che comportassero un’assenza lavorativa superiore a 3 giorni oltre quello in cui era avvenuto l’infortunio. Il titolare era tenuto a conservare il registro per dieci anni e su di esso dovevano comparire obbligatoriamente queste informazioni: dati identificativi dell’incidentato; giorno e ora dell’infortunio; analisi minuziosa della procedura di svolgimento dell’incidente; tipi di ferite riscontrate; effetti dell’infortunio (invalidità temporanea, permanente, morte); numero di giorni di assenza dal lavoro; data del rientro in attività.

Fonte primaria di notizie utili per uno studio delle condizioni in cui si svolgevano determinate lavorazioni, delle tipologie di infortuni maggiormente ricorrenti, purtroppo in genere i registri allo scadere dei dieci anni venivano eliminati. Fortunatamente non sempre. In Fondazione ISEC si conservano diversi registri della fabbrica di bottoni Binda degli anni trenta e alcune decine della Breda. Una particolarità: all’interno dell’Archivio storico Breda vi sono registri compilati a partire dal 1909; segno che le grandi imprese, che al loro interno avevano un’infermeria attrezzata e un medico di fabbrica, si dotarono molto presto di strumenti per il monitoraggio delle condizioni di lavoro nei reparti, in modo da migliorarne l’efficienza e la produttività.

Articolo a cura di Alberto De Cristofaro

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