Capire per agire. Un’indagine di Virgilio Canzi, assessore comunale nei primi anni ’70, sui flussi migratori a Sesto San Giovanni
Di Giorgio De Vecchi
Nel corso del Novecento, Sesto San Giovanni e le sue industrie hanno richiamato un numero crescente di lavoratori dai paesi della Brianza e della Bergamasca e poi sempre più massicciamente anche dal Mezzogiorno. In meno di vent’anni dal 1951 al 1971 la popolazione residente è più che raddoppiata passando da 44.994 a 91.985. Per fronteggiare un fenomeno di tale portata fu necessario un impegno straordinario da parte delle pubbliche amministrazioni.
In questo quadro appare emblematico un documento conservato nel Fondo Virgilio Canzi (1926-1983) dell’archivio di Fondazione ISEC. Virgilio Canzi fu ex partigiano e politico sestese, tra i fondatori dell’Istituto milanese per la Storia della Resistenza e del Movimento Operaio – Isrmo, oggi Fondazione ISEC. Dal 1970 al 1975 fu assessore alla Cultura e istruzione e vicesindaco di Sesto San Giovanni e nel corso di questo mandato realizzò lo Studio sulle variazioni nella popolazione di Sesto San Giovanni, come si legge nel titolo della prima pagina.
Il quaderno, sotto riprodotto con tre immagini, costituisce il “data-base” sul quale Canzi, con acume e lungimiranza, elaborò un’attenta e documentata analisi del fenomeno migratorio nella Città delle fabbriche. Egli espose in Consiglio comunale i risultati del suo lavoro per fornire alla Giunta gli strumenti per attuare politiche volte a gestire i flussi in entrata e in uscita dal territorio.
Il Fondo conserva tutta la documentazione in fotocopia, ricavata dai dati Istat e dall’anagrafe del Comune, sulla quale Canzi ha raccolto i dati che ha trascritto e organizzato sul quaderno in tabelle e grafici, tutto “fatto a mano” in perfetta grafia e ordine esemplare. Sono 45 pagine che narrano l’andamento della popolazione di Sesto San Giovanni dal 1901, ossia nell’imminenza della grande trasformazione da borgo agricolo a città industriale, al 1972, ossia nell’imminenza dell’altro grande fenomeno che investe la città, ossia il decentramento e la dismissione delle fabbriche.
Proponiamo qui due pagine di grafici per vedere assieme ciò che “vide” Canzi:
Sono le due pagine che mostrano le curve dei migranti in entrata e in uscita nel e dal territorio di Sesto San Giovanni dal 1946 al 1972. Canzi analizza il fenomeno dal 1901 al 1972, ma concentra la sua attenzione negli anni del boom economico negli anni Cinquanta, del suo rallentamento all’inizio degli anni Sessanta e della ripresa prima della crisi del 1973.
Non è questo il luogo per seguire in dettaglio la sua analisi e le sue conclusioni di ordine politico. Basta una citazione tratta dalla “Nota sul rapporto tra andamento migratorio e composizione sociale di Sesto San Giovanni nel periodo 1964-72” datata gennaio 1974, ossia dalla relazione nella quale porta a conclusione l’analisi sui dati raccolti: «Tra il 1964 e il 1972 […] abbiamo, in totale, 39.973 immigrati e 34.684 emigrati; il saldo risultante è se di 5289 unità, appena un quinto rispetto al precedente periodo 1955 – 1963. Se la popolazione, per effetto dell’andamento migratorio, ha registrato un aumento contenuto, rilevante è stata la sua mobilità: circa 75.000 unità, quattro dell’intera popolazione sestese. È difficile stabilire quanti immigrati di recente data, dopo una breve sosta a Sesto San Giovanni, sono ripartiti per altra destinazione. Resta il fatto che questo è il fenomeno più rilevante dell’andamento migratorio degli ultimi nove anni. Ed è fenomeno di carattere sociale che mette in luce un disagio nel rapporto tra il cittadino dell’ambiente, le cui cause potrebbero risalire: alla difficoltà di trovare un lavoro stabile ben retribuito; all’elevato costo della vita e dell’alloggio; all’insufficienza dei servizi sociali e civili di cui è dotata la città; capacità del tessuto sociale e democratico cittadino nell’integrazione degli immigrati».
La “Nota” si interrompe, purtroppo a pagina 8, ma vi è quanto basta per apprezzare il lavoro attento e intelligente di un amministratore che cerca di fondare le politiche locali sulla conoscenza approfondita del territorio e dei fenomeni che vi si manifestano.
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