Renzo Baricelli
All’epoca dirigente sindacale, Baricelli ha svolto attività sindacale per quasi tutta la vita, acquisendo esperienza di direzione politica e sindacale nelle aree di Milano e Venezia. Quando avvenne la strage aveva 34 anni e lavorava nella fabbrica Pirelli, nel cuore della grande industria milanese. Oggi è un testimone di particolare importanza.
Con quali criteri ISEC ha deciso di intervistare Renzo Baricelli?
ISEC ha ritenuto importante raccogliere i ricordi di una persona che aveva partecipato direttamente all’organizzazione della manifestazione del 15 dicembre in occasione dei funerali delle vittime. Il suo contatto diretto sia con gli operai della Pirelli sia con i vertici sindacali della CGIL rende la testimonianza di Baricelli particolarmente significativa, sia sotto il profilo umano che politico e sindacale. E’ una testimonianza che illumina la trama di impegno e concreto lavoro di massa, l’impalcatura che sorregge i grandi movimenti per dare loro senso e direzione consapevole.
Qual è il suo rapporto con la strage di Piazza Fontana?
Baricelli era presente in Piazza del Duomo con gli operai della fabbrica Pirelli, riconoscibili per le tute bianche. Dopo aver organizzato il corteo, il gruppo giunse a piedi da Viale Sarca. La piazza era già piena. Ricorda l’atmosfera di quella giornata come cupa e carica di preoccupazione, ma al contempo permeata da un profondo senso di forza e voglia di lottare. La grande partecipazione eterogenea rappresentava un chiaro segnale di risposta non solo dal mondo delle fabbriche e degli operai, ma dall’intera comunità milanese. Per Baricelli, la giornata non si concluse con la manifestazione: seguì il ritorno in fabbrica con gli operai dei turni successivi, in vista di nuove assemblee e discussioni.
Come nacque la proposta dello “sciopero” e quali difficoltà vennero discusse?
La mobilitazione non fu formalmente chiamata “sciopero”, ma “astensione dal lavoro”. Non si sapeva cosa potesse accadere, e vi era una preoccupazione responsabile verso i lavoratori; tuttavia, l’urgenza era quella di rispondere all’evento.
Come avvenne la mobilitazione?
Vi furono ampie discussioni nell’ambiente operaio. In primo luogo, la difficoltà derivava dall’impossibilità di formulare un giudizio politico immediato e di trarne conseguenze, generando timori tra i lavoratori, che percepirono la bomba come un attacco diretto contro di loro. Questo, secondo Baricelli, contribuì alla grande partecipazione.
Per comprendere meglio lo stato d’animo del mondo operaio è utile ricordare il contesto delle fabbriche nel 1969: si usciva dall’autunno caldo; nelle officine erano ancora presenti lavoratori della generazione del 1943-45, con circa cinquant’anni, e della generazione del ’60, che aveva partecipato alle lotte contro Tambroni e al tentato golpe fascista. Inoltre, erano in corso i rinnovi dei CCNL di tutte le categorie di lavoratori, sia nel settore privato sia in quello pubblico. Già esisteva quindi una mobilitazione sindacale consolidata e un contesto complesso che va tenuto ben presente per comprendere appieno quanto accadde in Piazza Fontana.