Federico Sinicato
Federico Sinicato è un avvocato penalista milanese, oggi presidente dell’Associazione dei Familiari delle Vittime di Piazza Fontana. Figura di rilievo nel panorama giuridico e civile italiano, ha affiancato nel tempo l’attività professionale a un impegno costante nella difesa della memoria e della verità riguardanti le stragi della Strategia della Tensione.
Qual è il rapporto di Federico Sinicato con la strage di Piazza Fontana?
Il suo coinvolgimento diretto nella vicenda di Piazza Fontana risale agli anni Novanta, quando Tino Casali, presidente del Comitato Antifascista, insieme ai familiari delle vittime, gli affidò il compito di fornire consulenza tecnica e giuridica. Da semplice cittadino partecipe del ricordo, Sinicato divenne così protagonista diretto del percorso di giustizia, assumendo la difesa dei familiari nei processi. Iniziò a occuparsi della vicenda tra il 1990 e il 1991, intrecciando da allora il proprio percorso professionale con la lunga e complessa vicenda giudiziaria e politica della strage di Milano.
Con quali criteri ISEC ha deciso di intervistare Federico Sinicato?
La prospettiva offerta da Sinicato e la specifica e in certo senso unica esperienza diretta lungo tutti gli anni che sono seguiti alla strage consentono di leggere Piazza Fontana non solo come un caso giudiziario, ma come un nodo irrisolto della storia italiana. L’intervista mette in luce il valore della sua azione professionale, che ha contribuito a mantenere viva la memoria collettiva e a difendere la dignità delle vittime e dei loro familiari.
Cosa ha significato la vicenda di Piazza Fontana per la sua carriera professionale e per il rapporto con gli assistiti?
Sinicato riconosce che seguire i processi di Piazza Fontana ha rappresentato un punto di svolta nella propria carriera. Rispetto ad altre esperienze, come quella legata alla vicenda della Banca Ambrosiana, il caso Fontana presentava un’elevata complessità, sia per la mole documentale sia per gli aspetti metagiuridici: Milano appariva come una città ferita, incapace di elaborare collettivamente il lutto, e l’avvocato dovette affrontare non solo le difficoltà procedurali, ma anche la delusione per la scarsa attenzione dei mezzi di informazione e per la miopia delle istituzioni. La dimensione processuale si intrecciava con un contesto di profonda frattura civile e politica.
Qual è il confronto tra la strage di Piazza Fontana e quella di Piazza della Loggia?
Secondo Sinicato, le due città reagirono in modo significativamente diverso. Brescia, città a forte presenza operaia, cattolica e tradizionale, mostrò una forte unità civica: istituzioni, cittadini e studenti si raccolsero intorno alle vittime, trasformando la memoria in un momento di coesione. Milano, invece, rimase divisa. In particolare, la morte di Giuseppe Pinelli e la polarizzazione politica modificarono la percezione pubblica della strage, spostando il dibattito dal dolore condiviso allo scontro ideologico. La città, segnando un passaggio dall’onda dei diritti civili agli anni di piombo, non riuscì mai a fare di Piazza Fontana un momento unitario di lutto. Brescia, al contrario, fece della propria tragedia un esempio di solidarietà democratica.
Oggi, Sinicato riflette sulla necessità di trasmettere questa memoria alle nuove generazioni, interrogandosi su quanto si sia fatto e su quanto ancora resti da fare per restituire pieno significato a quel momento fondativo della coscienza civile italiana.