Proteste operaie durante la guerra

La guerra accentua le difficoltà materiali degli operai. Nelle fabbriche c’è malcontento. Si succedono proteste sui temi del salario, del caroviveri, della sicurezza a fronte dei bombardamenti, alimentate da reti clandestine antifasciste soprattutto di orientamento comunista che continuamente si ricostituiscono dopo essere state disperse dalla repressione.

Le condizioni delle famiglie operaie peggiorano ulteriormente dopo l'8 settembre 1943: all’inizio dell’inverno la spesa per l’alimentazione e il vestiario tornano a salire, mentre scarseggia la materia prima per riscaldarsi. Le promesse tedesche di maggiori derrate alimentari sono disattese. I salari non aumentano e, anzi, si accresce lo sfruttamento sul lavoro senza che torni a crescere l’occupazione.

Le prime proteste

Nel maggio del 1941 200 operai della Magneti Marelli di Crescenzago protestano per una riduzione del guadagno sul cottimo decisa dalla direzione. Tre settimane dopo mille operai di quell’azienda scioperano per due ore insoddisfatti per le provvidenze aziendali concesse, giudicate del tutto insufficienti. Tocca poi a 300 operaie della OLAP nei pressi di piazza Piola scioperare per chiedere delle gratifiche salariali. Nel corso del 1942 dalla Breda all’Alfa Romeo gruppi di lavoratori si rifiutano di riprendere il lavoro dopo gli allarmi aerei, perché non si sentono sufficientemente protetti. Presso l’Innocenti di Lambrate, nel febbraio del 1943, 21 operaie si rifiutano di lavorare perché la retribuzione del cottimo è diminuita. A Sesto San Giovanni, nel febbraio e nel novembre del 1942, e ancora nel febbraio 1943 si verificano nelle forti proteste originate soprattutto dalla inadeguatezza dei salari erosi dall’inflazione, dalle difficoltà negli approvvigionamenti alimentari, dalla diffusa avversione alla guerra. Le proteste sono anche fuori dalle fabbriche. Sempre a Sesto San Giovanni, nel maggio del 1942, circa 300 donne manifestano davanti al Comune per ottenere più cibo a disposizione della tessera e una distribuzione di patate come a Milano.

La grande ondata del marzo 1943

Operaie al lavoro

In questo clima si arriva agli scioperi del marzo 1943. A Torino partono il 5 marzo per concludersi attorno al 18 dello stesso mese. Nel milanese, sono gli operai dello stabilimento Concordia delle acciaierie Falck di Sesto San Giovanni a dare il via agli scioperi nel turno pomeridiano del 23 marzo. Il giorno dopo la protesta dilaga: durerà fino al 31 marzo, finendo per interessare circa 60 aziende e 35.000 lavoratori tra la città e la provincia. Le motivazioni sono eminentemente economiche e tali da coinvolgere anche tanti operai iscritti ai sindacati fascisti o in ogni caso non collegati all’attività della rete cospirativa comunista, troppo esile rispetto all’estensione della mobilitazione.

Lo sciopero rende evidente la crisi di consenso al regime a fronte della richiesta di sostenere lo sforzo bellico e il fallimento dell’organizzazione corporativa della società perseguita dal fascismo nel corso degli anni precedenti. Alle proteste il regime risponde con la repressione, da un lato, e dall’altro con la concessione di indennità economiche giudicate peraltro insoddisfacenti.

I bozzetti Breda

Nella gallery seguente sono presenti alcuni bozzetti prodotti durante la guerra dall'Ufficio pubblicità della società Ernesto Breda per illustrare le macchine prodotte per lo sforzo bellico.

Nel 2023 Fondazione ISEC ha terminato il recupero e l'ordinamento dell’ultimo prezioso “pezzo” dell’Archivio Storico Breda riguardante tutto l’apparato pubblicitario della società, costituito da 1150 “foto ritoccate” e da 354 “bozzetti”. L'ordinamento è stato reso possibile grazie al contributo di Fondazione Cariplo nell’ambito del progetto “Memoria e Futuro. Conoscere il passato per agire sul presente”.

Il gruppo dei “bozzetti” veri e propri è costituito da opere originali (dagli anni Trenta ai primi anni Ottanta). Alcuni sono dipinti a mano libera anche da artisti e noti “graphic designer” dell’epoca come Araca (pseudonimo di Enzo Montanari Forlivesi), Franco Rognoni, Max Huber, Cesare Becatti, Simoni e Radicati; altri sono composizioni realizzate con immagini ritagliate e ridipinte e poi posizionate su supporti in cartone, altre ancora sono foto ritoccate su cartone cui sono state aggiunte scritte a mano o a stampa.

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