I nostri campanili suoneranno la verità.
Il fondo archivistico di Silvana Corbari e l’esperienza della scuola materna Primavera di Sesto San Giovanni
di Monia Colaci
Nel 2018 Renzo Baricelli, amico e frequentatore di Fondazione ISEC, ha versato una parte cospicua dei materiali che sua moglie, Silvana Corbari, aveva prodotto nel corso della lunga attività all'interno della scuola per l'infanzia.
Silvana Corbari, nata nel 1939 e scomparsa nel 2006, è stata dapprima insegnante e poi dal 1967 al 1974 direttrice della scuola materna Primavera di Sesto San Giovanni; dal 1974 al 1982 è stata coordinatrice pedagogica dei servizi educativi del Comune di Sesto, ha lavorato poi come libera professionista per conto di vari enti pubblici per l'aggiornamento del corpo didattico di numerose scuole materne non solo lombarde. Ha operato in particolare a Milano, dove dal 1978 al 1990 è stata consulente pedagogica per il settore scuole materne-asili nido e ha contribuito, insieme con la pedagogista Susanna Mantovani, alla creazione del servizio "Il tempo per le famiglie". Per due volte è stata presidentessa del distretto scolastico di Sesto e Cologno. Eletta consigliera comunale nelle file del Pci nel 1985, è stata responsabile della Commissione per i diritti delle donne.
L'archivio dà conto della ricchezza del percorso professionale di Silvana Corbari documentandone l'impegno con relazioni, ritagli di giornale, verbali, appunti, fotografie e altri tipi di documenti, ma la parte più consistente, quella su cui ci concentreremo, è relativa all'esperienza dell'asilo Primavera.
Quelli in cui Corbari ha diretto la Primavera erano anni nei quali Sesto San Giovanni si presentava come uno degli agglomerati industriali più importanti d'Europa: luogo di lavoro, migrazione, conflitti, integrazione, contraddizioni ed esperimenti. Sesto era anche una città nella quale l'occupazione femminile era in crescita e con essa la necessità di strutture per l'infanzia.
Questa complessità è stata il punto di partenza nella costruzione di una scuola in cui tutte le componenti, bambini, genitori ed educatrici, erano chiamate a svolgere il proprio ruolo.
La Primavera ha rappresentato, certo, un aiuto alle madri lavoratrici, ma si è affrancata dal rischio di diventare un “parcheggio”: le ore che i bambini vi trascorrevano erano pensate per arricchirli, dar loro accesso a esperienze e possibilità, per gettare le basi del loro essere cittadini. Tra i documenti del fondo sono conservati ad esempio i disegni originali dei giovanissimi utenti, coordinati dai pittori sestesi Giuliano Barbanti e Mario Mondani, per progettare la scultura "Cavallo di ferro" che sarebbe poi stata collocata nei giardini pubblici Matteotti-Magenta. Un percorso che esprime un'idea di scuola fortemente legata al territorio e in cui i discenti sono pensati come protagonisti della propria crescita in quanto individui e come parte di una comunità.
E negli anni la Primavera avrebbe sviluppato un'ulteriore capacità di connessione con l'esterno, come dimostrano i rapporti con intellettuali come Gianni Rodari, di cui si conserva una lettera di auguri natalizi del 1970, e Mario Lodi, pedagogista e scrittore, autore di Cipì, romanzo considerato un capolavoro della letteratura per l'infanzia.
Veniamo ai genitori.
Nei suoi appunti Corbari parlava appunto di “genitori”, ma sappiamo che si tratta in larghissima maggioranza di donne. Erano donne che facevano fatica a conciliare il lavoro domestico con quello esterno e a far quadrare il bilancio; molte di loro venivano dal Sud Italia, spesso non parlavano bene l'italiano, non sapevano come rapportarsi con la scuola come istituzione; se il bambino manifestava forme di disagio, nel timore di essere messe sotto accusa, assumevano atteggiamenti difensivi, minimizzavano, negavano.
Per loro, perché raccontassero i loro vissuti e diventassero parte attiva del lavoro educativo, la Primavera ha inventato momenti di coinvolgimento, pianificato con cura spazi informali di condivisione.
Quest'aspetto merita forse una sottolineatura: nel programmare le attività, curricolari o extracurricolari, gli incontri con i genitori o le educatrici, le feste, persino le “discussioni intorno a un tè” l'approccio di Corbari può essere definito scientifico. Poco o nulla è lasciato al caso, le decisioni sono prese sulla base dei dati raccolti e se il fine, garantire a tutti i bambini un ambiente di apprendimento ricco ed entusiasmante, è così importante allora i mezzi vanno predisposti con attenzione meticolosa.
Quanto alle educatrici, un tema che ha attraversato per intero la vita professionale di Corbari è quello della loro formazione e tra le carte del fondo c'è un appunto che forse meglio di altri riassume questa preoccupazione. All'interno di un lungo documento in cui vengono date indicazioni sulla conduzione dei colloqui con i genitori (perché parlare con loro, quali informazioni raccogliere e in che modo, come comportarsi in presenza del bambino o in sua assenza, ecc.), si raccomandava che l’educatrice non avesse mai davanti a sé il foglio delle domande.
In una scuola molto diversa da quella attuale, i genitori (le madri) erano la parte debole, il timore era chiaramente che un foglio-domande avrebbe potuto creare un clima “poliziesco" trasformando il dialogo in “interrogatorio”.
Va detto che, come molti altri documenti dell'archivio Corbari, anche questo è frutto di una riflessione condivisa; in sintonia con la spinta innovatrice che attraversava la scuola italiana in quegli anni, il motore delle attività didattiche della Primavera era rappresentato dal lavoro di organismi collegiali.
Infine, tra i documenti di Silvana Corbari c'è un suo racconto per bambini.
È la storia di un campanile, anzi di molti campanili che, stufi di battere ore sempre uguali, decidono che ogni ora avrà un suono diverso dalle altre; così un'ora sarà triste perché un bambino non ha potuto mangiare le susine del padrone, un'altra sarà lieta perché la barca dei pescatori è tornata in porto piena di pesce.
“I nostri campanili suonano la verità”, dice l'autrice e nel dirlo racconta in fondo la storia della Primavera e di quella effervescenza sperimentatrice che ha davvero dato vita al tempo pieno, un tempo pieno di immaginazione, occasioni per crescere, pieno di futuro.
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