La stampa clandestina
Sulla pagina "periodici" del sito di Fondazione ISEC è disponibile un'ampia banca dati dedicata alla stampa clandestina della Resistenza. Qui trovate una selezione di alcuni numeri connessi con gli scioperi del marzo 1944.
Tra gennaio e febbraio del nuovo anno, gli episodi di agitazioni in fabbrica sono circa 60 e coinvolgono 20.000 lavoratori che devono fare i conti con un irrigidimento del padronato e la risposta repressiva delle autorità di occupazione tedesche.
Mentre le condizioni materiali dei lavoratori continuano a peggiorare, prende corpo l’idea di un grande sciopero generale rivendicativo e insurrezionale con l’obiettivo di porre fine all’occupazione militare nazista, uno sciopero politico che vuole ribadire la funzione di guida della classe operaia e, con essa, del Partito Comunista, nella lotta di Liberazione. L’andamento della guerra favorevole agli Alleati e l’annuncio di nuovi sbarchi nell’Italia occupata portano sostegno a questa idea.
Agli inizi del 1944, sotto la spinta del PCI, si costituisce il Comitato segreto di Agitazione per il Piemonte, Liguria e Lombardia che diffonde l’appello per uno sciopero generale nell’Italia settentrionale sostenuto dal CLN, Comitato di Liberazione Nazionale. Gli obiettivi sono di natura economica ma si chiede anche di cessare le deportazioni di forza lavoro e la produzione bellica a favore della Germania. La natura insurrezionale dello sciopero è esplicitamente evocata, ma poi questo obiettivo passa in secondo piano di fronte al rallentamento delle operazioni militari degli Alleati. L’aspetto rivendicativo tende a prevalere ma è evidente a tutti che l’iniziativa conserva i caratteri di una prova di forza dal forte valore politico.
Alle ore 10 lo sciopero generale inizia. Le adesioni sono altissime, in città e negli immediati sobborghi industriali, nelle grandi fabbriche e anche nelle piccole. Adesioni elevate tra i dipendenti delle Poste e della Stazione Centrale. Nel pomeriggio scioperano gli operai del Corriere che impediscono al giornale di uscire per tre giorni. Anche la partecipazione degli impiegatiè alta.
Lo sciopero si estende alle aree industrializzate della Provincia. Il fatto importante è l’adesione dei dipendenti dell’ATM, l’Azienda Tranviaria Milanese, che paralizza il trasporto pubblico cittadino e a nulla serve il tentativo della Muti e di altre formazioni militari fasciste di sostituirsi agli scioperanti nella conduzione dei mezzi. L’epicentro della lotta dei tranvieri milanesi è l’Officina generale di via Teodosio, zona nord est di Milano.
All’agitazione operaia segue la risposta durissima del padronato e delle forze di occupazione tedesche: molti stabilimenti vengono chiusi e occupati militarmente dalla Guardia Nazionale Repubblicana e dai reparti militari tedeschi; le direzioni aziendali stilano liste dei sovversivi e 62 operai vengono arrestati e consegnati alla polizia politica tedesca già il secondo giorno di mobilitazione.
Lo sciopero prosegue in modo compatto ma la delusione e la stanchezza iniziano a serpeggiare anche perché si allontana la speranza, mai abbandonata, di innescare con lo sciopero un moto insurrezionale, a causa degli arresti che nelle settimane precedenti avevano scompaginato i GAP, le strutture militari del movimento partigiano. Sabato 4 il plenipotenziario e generale delle SS Paul Zimmermann dà l’ordine agli industriali di riaprire le fabbriche per il mercoledì successivo 8 marzo e minaccia di arrestare chiunque non si presenti al lavoro. Un comunicato pubblico del Prefetto Parini diffonde queste disposizioni in tutta la città.
Domenica i tranvieri riprendono il lavoro. Nelle fabbriche ci si divide tra chi vuole continuare lo sciopero ad oltranza e chi vuole porvi fine senza grosse ripercussioni. Lunedì gli operai rientrano in fabbrica in stabilimenti importanti come la Face e la Borletti.
"Oggi per l'esistenza del popolo italiano vi è una sola soluzione: rispondere alla violenza con la violenza."
Il Comitato di Agitazione dà disposizione di riprendere il lavoro per il giorno successivo: alle 10 invece che alle 8, ma l’indicazione viene tuttavia poco seguita. Si torna nelle fabbriche sfiduciati, delusi, disorientati, si subisce la spavalderia dei fascisti, gli arresti si intensificano senza che a ciò segua una qualche reazione. Il “grande sciopero” è terminato.
"Mercoledì rientrate negli stabilimenti, seguite disciplinatamente e compatti gli ordini che vi impartiranno i vostri Comitati di Agitazione clandestini."
È lo sciopero più grande che abbia attraversato tutta l’Europa occupata dai nazisti (ne parlano i giornali in Gran Bretagna e negli USA) e ha reso evidente la forza del movimento di resistenza antifascista nelle fabbriche. La classe operaia si propone come un soggetto sociale imprescindibile per la prosecuzione della lotta di liberazione e con essa il Partito comunista italiano che presso le masse operaie ha visto accrescersi il suo prestigio e la sua influenza. Il costo umano dello sciopero è altissimo, ma non frena le agitazioni operaie e il diffondersi del movimento resistenziale nelle fabbriche.
Sulla pagina "periodici" del sito di Fondazione ISEC è disponibile un'ampia banca dati dedicata alla stampa clandestina della Resistenza. Qui trovate una selezione di alcuni numeri connessi con gli scioperi del marzo 1944.