Streikertransport: la repressione

Sin dai primi giorni degli scioperi si avvia la macchina della repressione nazifascista, che è brutale. L’obiettivo è quello di terrorizzare la popolazione, arrestando e deportando quanti hanno partecipato agli scioperi. I deportati in Germania vengono destinati ai lavori forzati nei campi di concentramento, dove la maggior parte va incontro alla morte.

Nella provincia di Milano vengono arrestati, fra marzo e i primi di aprile, circa 430 persone, di cui la metà nella zona industriale di Sesto San Giovanni. Secondo stime, i deportati dal nord Italia in conseguenza degli scioperi di marzo sono circa 1200. Gli arresti si concentrano nei primi otto giorni di marzo, a sciopero ancora in corso, e nei giorni 12, 14 e 28 marzo. Vengono colpiti soprattutto i lavoratori dell’area di Sesto San Giovanni, in particolare della Breda e della Falck, e quelli di alcune grandi fabbriche di Milano: la Caproni, l’ATM, l’Alfa Romeo, l’Innocenti.

Fra gli arrestati si contano 41 donne, fra cui operaie della Breda, della Caproni e della Saffa di Magenta.

Giuseppe Vignati, nel corso della sua ricerca, ha ricostruito le vicende dei 556 deportati politici di Sesto San Giovanni, di cui 215 furono deportati in seguito agli scioperi del marzo 1944.

Le liste dei sovversivi e gli arresti

Gli arresti venivano effettuati sulla base di liste che il Servizio di sicurezza delle SS (Sichereitsdienst) e l’Ufficio politico investigativo intimarono di redigere alla direzione delle grandi aziende. Le liste dovevano contenere i nominativi dei lavoratori da arrestare e deportare in Germania. In genere, le direzioni aziendali fecero svolgere il compito ai diversi capi reparto.

Sulle schede personali dei lavoratori deportati, i dati erano camuffati in modo da far sembrare che erano stati legalmente trasferiti in data diversa da quella reale.

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MAGGI Italo:
Ha dichiarato che conosce tutti i nomi degli elementi sovversivi della Face ed in special modo quelli che hanno introdotto i manifestini propagandistici dello sciopero del 1° marzo. Primo scopo del suo fermo, era quello di fargli rilevare ad ogni costo detti nominativi.

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Gli arresti avvennero soprattutto in casa, di notte o di mattina presto, o in fabbrica. Furono operati dai Carabinieri e dalle polizie della Repubblica sociale: Guardia nazionale Repubblicana con l’aiuto dei militi della Legione “Muti”, SS italiane, Brigate nere. Spesso i familiari ricevevano vaghe rassicurazioni circa un veloce rilascio in seguito ad accertamenti che non avveniva mai. Le deportazioni coinvolsero malati, invalidi, padri al posto di figli. Nelle fabbriche ci furono torture e pestaggi, come nel caso della V sezione Aeronautica della Breda, considerata la più turbolenta, dove otto ingegneri furono pestati dai fascisti dell’Ufficio Politico Investigativo.

Streikerstransport

Gli arrestati passavo tutti per San Vittore, dove, nella “sezione tedesca”, venivano compilati gli Streikertransport – i documenti relativi agli scioperanti deportati. Da San Vittore venivano portati alla Caserma Umberto I di Bergamo e poi a Mauthausen attraverso Tarvisio. Ai famigliari giungevano solo notizie vaghe circa la sorte dei deportati: numerose testimonianze parlano di una ricerca affannosa nei luoghi di reclusione milanesi, poi di corse fino a Bergamo e a Brescia dove era giunta voce che erano stati trasferiti. Alcuni deportati riuscivano a scrivere e a gettare dal treno bigliettini di fortuna, che un senso di solidarietà diffusa faceva sì che venissero raccolti e recapitati ai famigliari.

La sorte dei deportati

Giuseppe Vignati, nel corso della sua ricerca, ha ricostruito le vicende dei 556 deportati politici di Sesto San Giovanni, di cui 215 furono deportati in seguito agli scioperi del marzo 1944.

Dei 556 deportati sestesi caddero nei campi di concentramento e nei giorni successivi alla liberazione 220 persone, tutti uomini. Il tasso di mortalità del 37% è alto ma comunque significativamente più basso del 90% stimato per la totalità dei deportati. Le possibilità di sopravvivenza variavano in relazione al luogo di destinazione, all’età, alla durata della prigionia.

Va considerato che buona parte dei lavoratori deportati erano di giovane età e in genere erano destinati a campi di lavoro per sostenere la produzione bellica della Germania. La padronanza di un mestiere o di una specializzazione faceva sì che venissero assegnati a campi di lavoro specializzati nell’industria bellica.

Le pietre d'inciampo di Milano

Il Comitato per le Pietre d'Inciampo di Milano ha posato dal 2017 a oggi quasi 200 pietre che ricordano i deportati politici e razziali. Di queste, una ventina sono dedicate a chi prese parte all'organizzazione e alla realizzazione degli scioperi del marzo 1944.

La collocazione delle pietre d'inciampo dedicate agli scioperanti del 1944 è indicata su questa mappa, realizzata dal Comitato per le Pietre d'Inciampo e presente sul loro sito web, su cui è possibile trovare anche degli approfondimenti biografici sui deportati.